È stata portata in Giunta la proposta di coinvolgere la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia in un’azione di recupero, tutela e valorizzazione degli stemmi della Patria del Friuli e della città di Udine presenti su porta Manin con il coinvolgimento del proprietario dell’immobile. Gli stemmi sono considerati dagli studiosi di particolare valore storico e documentale.
L’antico stemma della Patria del Friuli, cioè l’aquila araldica d’oro su campo azzurro, è divenuto, come noto, la bandiera della comunità friulana, riconosciuta con L.R. 27 marzo 2015, n. 6, Istituzione della “Fieste de Patrie dal Friûl” – Istituzion de “Fieste de Patrie dal Friûl”. “La bandiera della comunità friulana – recita l’articolo 2 della legge regionale – è formata da un drappo di forma rettangolare con al centro un’aquila araldica d’oro con ali spiegate, testa a sinistra, rostro aperto e artigli rossi, posto in campo azzurro. Lo stemma ha dimensioni pari a tre quinti dell’altezza della bandiera che a sua volta deve essere alta due terzi della sua lunghezza”.
L’esemplare più celebre di tale vessillo è esposto nel Duomo di Udine: esso fu cucito sul camice di lino bianco che avvolgeva il corpo del Patriarca Bertrando di Saint-Geniès (rimasto sulla cattedra di Aquileia dal 1334 al 1350). Esso costituisce una delle più antiche bandiere al mondo: probabilmente la settima fra quelle tuttora conservate.
Anche se in larga parte rovinata dalle intemperie atmosferiche, un’altra aquila imperiale “d’oro spiegata di nero”, è riconoscibile sulla porta di San Bortolomio, nota anche come “Porta Manin”. Di essa rimangono oggi le tracce della forma gotica dello scudo, parte delle ali dispiegate e la coda gigliata.
“Ho sottoposto all’attenzione dei colleghi della Giunta questa proposta – sottolinea l’Assessore alla cultura del Comune di Udine Fabrizio Cigolot – perché ritengo che il recupero di questa importante testimonianza dell’epoca patriarcale vada a tutelare non solo il valore storico e artistico del manufatto ma anche il patrimonio culturale di cui fa parte. Questo intervento assume poi un particolare significato in occasione dei seicento anni della fine del potere temporale del Patriarca e in una fase come quella che stiamo vivendo, nella quale la comunità ha più che mai bisogno di riavvicinarsi alle proprie radici”.