Pregiudizi e luoghi
La storia dell’arte la si potrebbe paragonare ad una fiction televisiva o ad una serie di romanzi dove se si perde una parte non si comprende quello che segue. L’arte contemporanea soventemente derisa, rigettata, denigrata è come una puntata di una serie televisiva oppure come il capitolo di un libro. Se non si ha la conoscenza di quello che è avvenuto in passato, difficilmente la si potrà comprendere. Da questa mancata conoscenza si apre una voragine di luoghi comuni: l’arte antica è di più semplice comprensione rispetto a quella attuale, la maggior parte delle opere sono di facile riproduzione che le saprebbe fare anche un bambino, il ruolo principale dell’arte è quello di suscitare emozioni, l’arte contemporanea non è arte ma solo fumo negli occhi. Insomma tutto fumo e niente arrosto si potrebbe dire, ma attenzione dove c’è il fumo c’è anche l’arrosto. Certo, non tutta l’arte attuale è arte, così come non lo era tutta l’arte antica. Ma procediamo per gradi, non tanto con la presunzione di spiegare in poche righe cosa sia l’arte ma quantomeno per giustificarne i linguaggi.
La storia dell’arte, nella fattispecie la pittura, anticamente deteneva il monopolio sull’immagine nella rappresentazione della realtà, tant’è vero che si parlava di “mimesi” ovvero imitazione della realtà. Ad un certo punto termina questo capitolo e ne inizia un altro. Con l’avvento della fotografia che riusciva a figurare la realtà con estrema rapidità, l’arte perde il suo primato e alcuni pittori come Monet iniziano a riflettere che sarebbe stato inutile competere con essa mettendo così in crisi la pittura accademica. L’approccio degli impressionisti diventa quindi quello di trasporre sulla tela non la realtà ma l’impatto emotivo che forme e colori del mondo reale suscitano in quel momento nell’artista. L’impressionismo ha compiuto il primo passo verso il mondo contemporaneo che si è rafforzato con la pittura di Van Gogh, ha compiuto un ulteriore passo avanti con la distruzione della prospettiva ad opera del cubismo, fino alla totale negazione delle forme reali tipica dell’astrattismo.
Siamo all’inizio del Novecento, un secolo diverso da tutti gli altri, portatore di un nuovo modo di concepire l’arte. Ed è qui che si colloca un altro artista, Marcel Duchamp che con le sue opere compirà la definitiva rottura con i linguaggi tradizionali.
L’industrializzazione e le tecnologie comunicative emergenti suggeriscono un nuovo approccio all’arte: l’arte non viene negata ma si separa dall’abilità tecnico-artigianale, dalla manualità, non sarà più l’unica via praticabile. Duchamp crea l’opera d’arte non attraverso la sua relizzazione ma nel concepirla, nel passare dalla realizzazione alla presentazione, nel modificare la finalità di un oggetto di uso comune privandolo della sua funzione nell’elevarlo ad opera d’arte per il solo fatto di averlo selezionato. Ribalta così la prospettiva artistica: non è più quello che crea ma quello che guarda, ponendo di fronte all’osservatore un oggetto per stimolare la capacità di vedere la bellezza delle cose.
Gli artisti non sono degli inventori, non siamo nell’ambito del genio che inventa ma dentro una storia dell’arte dove alcuni si collocano e proseguono in una determianta direzione, altri aggiungono qualche cosa di nuovo, rivoluzionando quel mondo. Tutta l’arte è contemporanea perchè figlia del suo tempo e proprio per questa ragione diventa molto più difficile, al contrario di quanto si pensi, comprendere l’arte del passato rispetto a quella attuale, perchè bisognerebbe essere a conoscenza di tutti gli aspetti politici, culturali ed economici che l’hanno caratterizzata, ma nonostante questo, risulterebbe comunque complicato immedesimarsi nei modi di vivere e di ragionare di un tempo, mentre nel mondo contemporaneo tali conoscenze sono già in nostro possesso, in quanto parte della vita quotidiana.
Un tempo l’artista creava in base alle richieste di un mecenate, oggi invece nessuno si sognerebbe di commissionare una Madonna col Bambino perchè si è passati dalla committenza alla finanza, dove il mercato detta le sue regole. Ma il mercato è un po’ come la moda e qui entra in gioco l’artista vero, di valore, destinato a non scomparire nel tempo.
Ci sono opere che arrivano al cuore immediatamente, altre hanno bisogno di una elaborazione intellettiva per essere apprezzate. L’arte deve anche emozionare, ma il ruolo principale è quello di fare riflettere, di porre interrogativi, di attivare il senso critico e ci insegna a valicare il mero aspetto esteriore.

Pregiudizi e luoghi comuni nell'arte contemporanea-articolo con foto
Lara Franciosi

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