Le tre vite di Aquileia

E’ iniziata ieri sera la rassegna internazionale del cinema archeologico “Aquileia film festival 2020” (11^ edizione) che si concluderà il 3 agosto.

Due piazze, p.zza Capitolo e p.zza Patriarcato, due enormi schermi, un migliaio di spettatori, forse tutti amanti dell’archeologia: un’edizione spettacolare ripresa dall’alto da un drone le cui immagini venivano mandate sugli schermi prima della proiezione del film.

Le presentazioni sono state fatte dal presidente della “Fondazione Aquileia” Antonio Zanardi Landi e da Orietta Rossini, direttrice del museo di Roma “Ara Pacis”. 

Sono quasi le ore 22 e il docufilm “Le tre vite di Aquileia”,  realizzato da 3D produzioni per la regia di Giovanni Piscaglia, finalmente ha inizio.

Fin dalle prime sequenze,  tutte filmate con una telecamera montata su drone, si capisce che siamo in area Sky: Giovanni Piscaglia,  infatti, è un documentarista della piattaforma americana. Le immagini sono spettacolari, ariose, emozionanti quando sfiorano i volti delle statue romane nel museo. Tuttavia non è facile raccontare in sintesi (60 min. di film)  più di 2000 anni di storia.

La colonia romana fu fondata nel 181 a.C. dai triumviri romani Lucio Manlio Acidino, Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, come si vede in un famoso bassorilievo. Lo scopo era di sbarrare la strada ai barbari confinanti. Con la creazione di un porto, Aquileia divenne un grande emporio fino ad assumere l’importanza  della quarta città dell’impero.

“Le tre vite di Aquileia”: tre vite perché Aquileia fu romana, poi cristiana, patriarcale e infine un comune italiano di poco più 3000 abitanti. Tante e così complesse sono le stratificazioni storiche, architettoniche e urbanistiche che visitare Aquileia oggi è come perdersi nei meandri della storia.

Lo sanno tutti i friulani che da bambini sono stati portati almeno una volta ad Aquileia in gita scolastica. Restano impresse nella memoria solo alcune cose. Il campanile del XI secolo, il pavimento musivo paleocristiano della cattedrale del IV secolo, i resti del porto fluviale del I sec. d.C. : si passa da un secolo all’altro con grande disinvoltura.

La stessa impressione straniante la dà anche il film proiettato ieri sera. Grandi immagini celebrative con un testo fuori campo e alcune interviste che rasentano l’agiografia. Un film turistico e poco archeologico? Forse esageriamo, ma le mille persone che si sono alzate dalle sedie dopo la proiezione del documentario se ne andavano silenziose e con fare dimesso. Tutta colpa del caldo afoso? Può essere!

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