IMG-20220429-WA0014“Quali indicazioni dare affinché le professioni del futuro siano allineate con le richieste da parte del mondo del lavoro al fine di superare l’attuale visione discrasica di una didattica, spesso obsoleta, e il mondo reale?”: su questo interrogativo si è svolto un importante confronto di autorevoli voci ritrovatisi unanimemente nell’individuare le tre pietre miliari su cui investire nei prossimi anni in ambito formativo e che sicuramente daranno vita a nuove competenze: digitale, ambiente, lingue straniere.

Ciò quanto emerso al seminario svoltosi alla Cum Laude 21 di Pordenone promosso da CIDA FVG, Conferenza Italiana dei Dirigenti e delle Alte professionalità, dal titolo “Agenda 2030: Le professioni del futuro”. 

In questo incontro, partendo da un’analisi sull’importanza dell’innovazione tecnologica nel mondo contemporaneo e futuro, sono emerse interessanti considerazioni sulle caratteristiche non solo tecniche, ma anche umane e di competenze trasversali che saranno necessarie per avvicinarsi al mondo del lavoro. 

Un convegno riuscitissimo, organizzato in forma di talk show, che ha registrato la presenza da remoto di più di 140 partecipanti e in sala di oltre 60 persone, presentato da Daniele Damele, segretario CIDA FVG e presidente Federmanager FVG, e moderato dalla giornalista pubblicista Sara Paluello che ha visto il susseguirsi di interventi di eccezionale portata: Paolo Candotti, Vicepresidente CONFINDUSTRIA Alto Adriatico e Consigliere LEF (Lean Experience Factory); Gianpaolo Battello, AD Cum Laude 21; Alberto Steindler, Presidente della Fondazione ITS per le nuove tecnologie della vita Alessandro Volta; John Barel, AD Job Informatica.

Candotti ha detto che: “con la creazione nel 2008 della Fabbrica Modello LEF, basata su di un modello esperienziale di formazione on the job, ci siamo da subito posti delle domande su quali scelte di politica industriale intraprendere alzando lo sguardo verso l’orizzonte e immaginando il futuro del nostro sistema imprenditoriale, locale innanzitutto, con lo scopo di arrivare ai successivi appuntamenti con la storia e con le competizioni più allenati e preparati. Dopo dieci anni di lavoro, nel momento in cui ci accorgemmo che stava arrivando la Quarta Rivoluzione Industriale, quindi l’avvento delle tecnologie digitali nel mondo dei processi aziendali, decidemmo, anche stimolati dall’allora Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, che ci venne a visitare, di trasformare la Fabbrica Modello in Azienda Digitale Modello 4.0. Questo fu possibile non solo grazie al prezioso contributo di esperti dell’Università di Udine e di Trieste, ma altresì con quello di multinazionali all’avanguardia che decisero di investire anche direttamente con le proprie tecnologie. Una fabbrica reinaugurata l’anno scorso, aperta ai giovani, che è diventata emblema e paradigma di quella che sarà la fabbrica del futuro”. 

Sempre Candotti ha rilevato che “tra le nostre missioni la più importante, è quella rivolta al mondo della scuola, dell’istruzione e dell’Università. Il nostro sta diventando sempre di più il luogo elettivo in cui svolgere l’alternanza scuola-lavoro, in un ambiente sicuro, protetto, nato per questo scopo, ma che, allo stesso tempo, replica in modo molto realistico il reale ambiente di lavoro e le dinamiche aziendali. È il luogo dove gli studenti di oggi possono incontrare velocemente ed efficacemente ciò che sarà il loro ambiente di lavoro futuro. Perché oggi più che mai – ha ribadito Candotti – è necessario un riallineamento tra le scuole e le università con il mondo del lavoro, attraverso un orientamento scolastico ed universitario di alto livello”.

Il secondo ospite, Battello, ha evidenziato ”come ogni innovazione porti in seno opportunità, sfide e sicuramente dei rischi. Il più grande rischio è non voler guardare questa evoluzione che è in atto. Noi siamo convinti che bisogna sfruttare il vantaggio di queste tecnologie, che oggi permettono all’essere umano una migliore qualità di vita, e lavorare in modo intelligente facendo squadra. Ci siamo resi conto negli anni che non eravamo preparati a questa cultura d’impresa e per questo motivo abbiamo fondato un’Accademia. La Cum Laude ha proprio come obiettivo formare le persone soprattutto nelle soft skill. Noi crediamo che la sfida tecnologica a breve non farà la grande differenza tra le aziende, ma ciò che farà la differenza sarà l’essere umano. Avere in un’azienda una persona che sviluppa empatia, capacità di comunicare, di lavorare in team, di problem solving, adattamento alle continue evoluzioni di un mercato in accelerazione, sono tutte abilità su cui abbiamo basato il percorso formativo della Cum Laude ed in cui crediamo molto. Tecnologia sì, attenzione – ha concluso Battello – ma non disumanizzazione dell’essere umano”. 

Dal canto suo Steindler ha valorizzato l’altissimo livello di formazione specialistica che questi Istituti offrono. “Dopo il percorso di istruzione secondaria – ha detto – non tutti i ragazzi vogliono andare all’Università o iniziare immediatamente a lavorare. Quindi abbiamo pensato di creare dei percorsi di formazione tecnica di altissimo livello. Sono state identificate sei aree considerate strategiche per il Paese e  fra queste vi è anche quella riferita alle nuove tecnologie della vita. Al nostro interno, oltre ad avere tutta una serie di Enti pubblici, abbiamo anche grandi e piccole industrie del mondo della salute. I nostri piani di studio sono creati da un Comitato Tecnico Scientifico e traducono le esigenze delle aziende dando risposte a fabbisogni immediati delle stesse. Questa è la chiave di successo di questo tipo di scuole, perché i ragazzi non hanno nessun tipo di problema in uscita, trovano immediatamente lavoro con un elevato livello di specializzazione. È una preparazione molto pratica che nel mondo della salute è risultata molto difficile da mettere in atto, così la nostra sfida è stata quella di costruire un ospedale didattico in Area Science Park a Trieste, che è risultato essere la prima esperienza europea di questo genere. All’interno di questi percorsi, ne è stato creato uno molto importante che è quello sull’informatica medica, la quale rappresenta una nicchia di mercato molto complessa, ed è estremante regolamentata. Stiamo partendo anche con un terzo filone di formazione più legato alle telecomunicazioni e dedicato al mondo della domiciliarità. L’incidenza delle patologie croniche è molto importante nel nostro paese e la sede di elezione per trattarle è il domicilio. Stanno pertanto aumentando enormemente le tecnologie connesse, e quindi vanno costruite professionalità che siano in grado di utilizzarle”.

Da ultimo Barel ha rimarcato come “in questi due anni, con l’arrivo della pandemia, siamo stati i più tartassati perché c’è stata un’accelerazione dal punto di vista tecnologico. Con l’introduzione dello smart working, soprattutto qui in Italia, siamo ancora molto indietro per ciò che concerne la condivisione delle informazioni; quindi, la pandemia ha fatto sì che le aziende italiane con questa modalità lavorativa iniziassero a pubblicare le informazioni all’interno delle loro reti VPN. Questo è stato il primo vero scossone perché ha fatto muovere due settori; il primo meno importante è stato quello dell’applicazione, il secondo per noi fondamentale è stato quello della sicurezza. La nostra corsa in tutto questo periodo è stata quella di chiudere i sistemi e proteggerli. Da qui emerge il fatto che sicuramente una delle future figure più importanti sarà quello del cybersecurity engineer. A livello più generale, per quanto riguarda il campo dell’informatica in cui noi ci muoviamo, al di là delle specifiche professionalità, direi che la qualità indispensabile è quella di essere giovane data la facilità in cui si muovono in questo mondo e non per forza devono provenire da percorsi che li abbiano già indirizzati, anzi molti provengono da esperienze totalmente diverse.”

L’incontro è stato interamente moderato dalla giornalista pubblicista Paluello, che attraverso una serie di domandi accattivanti ed approfondite ha sicuramente stimolato la conversazione attorno alle figure professionali del futuro. Tra le varie ne sono emerse alcune al momento poco conosciute e curiose che nel 2030 potrebbero essere necessarie: la guida sanitaria e l’ingegnere di struttura in stampa 3D in ambito sanitario, il “manager della felicità”, il tecnico del metaverso.

Damele, infine, dopo i ringraziamenti a tutte le istituzioni coinvolte e alla presentazione degli ospiti, ha concluso il dibattitto con una riflessione importante ponendo in evidenza la formazione per la nuova economia; dal social commerce alla scuola, sino alle imprese industriali e alla sanità. Perché questo convegno?  Secondo CIDA è indispensabile che, in momenti di grande emergenza come sono stati questi due anni di emergenza Covid e adesso con il conflitto Russia-Ucraina e tutte le altre guerre di cui ci siamo scordati, non si possa pensare solo all’immediato ma ci si debba rivolgere al futuro. Lo dobbiamo in particolare ai nostri giovani. Che mondo vogliamo lasciare loro? CIDA, con Zeno D’Agostino, Direttore Generale del Porto di Trieste, e Alberto Felice De Toni, già Rettore dell’università di Udine, ha elaborato un progetto sulle professioni future, su quelle che verranno realizzate nel 2030 e oltre. Siamo partiti ponendoci il problema su quali indicazioni dare. La prima sicuramente è quella che coinvolge la sfera umana e contempla il fatto di seguire le proprie passioni, se possibile, poi abbiamo identificato tre macroaree che saranno preponderanti nel futuro immediato e non solo, quella del digitale, dell’ambiente e della lingua”.  

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