in un libro di Alessandro Carlini la sua storia 

Alessandro Carlini  con un taglio giornalistico e una rara capacità di penetrazione psicologica, intervista Paola Del Din, combattente della Resistenza e agente segreto. E lo fa in un racconto avvincente di 226 pagine, lasciando col fiato sospeso a tratti, quasi non fosse la protagonista a raccontarsi , ma si stesse raccontando la storia di un’altra donna…e allora vediamo …come va a finire.

Eppure la storia come va a finire lo sappiamo, ma questa vita pare un romanzo doloroso . Lo scenario è quello della seconda guerra mondiale, la cornice è l’Italia e soprattutto il Friuli, da dove la protagonista parte, giovanissima, colta e impetuosa, irriverente al rischio che la accompagna per buona parte della sua vicenda.

La Resistenza friulana della Osoppo, gli uomini e in questo caso le donne, con il fazzoletto verde,quelle che non vogliono piegarsi al fascismo e al nazismo,(ma nemmeno al comunismo) sono espressione  di tutti i valori raccontati, di tutto l’onore e la sofferenza di una generazione che ha visto per cinque anni negata la propria gioventu’.

Ma Renata, nome in codice di Paola, deve rendere giustizia per un fratello ucciso in una delle prime azioni partigiane in Friuli, a Tolmezzo.

E il nome in codice è proprio un omaggio al fratello Renato. Renata deve rendere giustizia, non vendicare…dall’intervista non traspare nessuna motivazione di odio, nessuna espressione di rancore. Ma la giustizia è un atto morale e l’urgenza di essa un impegno civile.

Cosi Renata parte e avventurosamente varca la linea gotica, la sua spregiudicata gentilezza, la conoscenza di piu’ lingue, lo sguardo ingenuo la proteggono . Ed ella giunge tra gli alleati. Figlia di un alto ufficiale prigioniero degli inglesi va a combattere con gli inglesi che dopo l'( settembre sono diventati gli alleati per sconfiggere il nazismo e i suoi compiacenti amici.

Renata va a Firenze, in Puglia, ovunque si possa preparare la riscossa, porta con se’ documenti importanti e segreti, se la scoprono farà una fine orrenda, forse peggiore di quella di Cecilia Deganutti, un’altra friulana protagonista della Resistenza.

Le pagine di Carlini scorrono veloci all’occhio del lettore che coglie il disorientamento per i tragici fatti di Porzus e le verità negate per decenni, che si sofferma a tracciare bilanci, forse già fatti sulle responsabilità  del titoismo in questa terra rovente di contrasti.

L’anziana signora si racconta , sorride, accoglie il suo ospite giornalista e intervistatore, si compiace , ma soprattutto si confronta ancora una volta con la sua coscienza di donna, di friulana e di resistente, libera da condizionamenti partitici, figlia di una generazione che non ha potuto fare sconti e ancora non ne fa, nella serena consapevolezza che il tribunale della storia ha già reso le sue verità.  Perche’ parlarne ancora a ottant’anni dagli eventi?

Proprio perche’ la verità non puo’ tacere e il rischio dei silenzi corresponsabili e le amnesie  sono sempre all’ordine del giorno. Meglio una pagina ancora. E Renata ben lo sa e ben lo dice. E Alessandro Carlini consapevolmente e con la stessa coscienza morale dell’intervistata lo documenta.

Un libro della Utet datato 2023…no…non è assolutamente tardi

Vito Sutto

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