di Rita Mascialino

In una società dove nel calendario vengono dedicate sempre più giornate alla memoria di Eventi storici lieti e non lieti, di persone che si vogliono omaggiare come ad esempio il padre e la madre, la Giornata dedicata alle Lingue va senz’altro ricordata. Lingue che consentono ai singoli individui e ai popoli di comunicare, rendendo più piccole le distanze fra gli umani, ma che rivelano anche la personalità dei parlanti. Lingue spesso accusate di produrre equivoci e fraintendimenti nella comunicazione, ma che sono del tutto innocenti in merito: i colpevoli, per così dire, sono gli utenti che talora sbagliano esprimendosi e confondono il significato dei termini. Perché è necessario saper usare lo strumento per comunicare a qualsiasi livello, per esprimere concetti, sensazioni, emozioni, sentimenti e via dicendo, uno strumento come minimo double face, le cui due facce, sintetizzando, sono il doppio volto conscio e inconscio, ciò che costituisce il più grande fascino intrinseco alle lingue, ma che costituisce anche una somma difficoltà per l’utente che non di rado non si sa destreggiare nel labirinto dei percorsi chiari e oscuri e così attribuisce a tale labirinto colpe che non hanno e che sono solo proprie insufficienze nell’uso, proprie degli utenti, proprie dell’indisponibilità ad approfondire. Ma davvero occorre sapersi destreggiare nei reami oscuri e negli intrecci o intrichi del linguaggio per poter parlare, per poter utilizzare la parola?  Certamente no, altrimenti le lingue sarebbero state impietosamente cestinate sin dai loro indigenti albori dalla selezione naturale come strumento inutile, non sarebbero vissute, non si sarebbero sviluppate nel lunghissimo cammino sempre in divenire che ne ha fatto lo strumento facile e complesso, anche molto complesso, che aiuta gli umani a tutti i livelli nella loro esistenza e che proprio per il suo doppio volto possiede un fascino supremo, irresistibile. Ma i linguaggi, come accennato, costituiscono anche l’identikit logico e psicologico degli individui e dei popoli, identikit che si perfeziona approfondendo la natura del linguaggio, ossia che non si può comporre restando nella prima superficie di questo prodigioso strumento. Al proposito, andando appena oltre la prima superficie, possiamo identificare una – piccolissima – tessera psicologica consona a rivelare qualche fugace cenno della personalità dei popoli così come essa si fa conoscere attraverso il linguaggio. Prendiamo un proverbio che, al di là delle traduzioni possibili e delle ulteriori forme linguistiche in cui esiste un affine significato, ciò di cui non ci occupiamo qui, può già far balenare molto fuggevolmente qualche tratto della personalità diversa di popoli diversi attraverso lingue diverse. Il proverbio Se sono rose fioriranno, se sono spine pungeranno ha la seguente corrispondenza, oltre ad altre possibili come anticipato, in tedesco e in inglese: Am Ende wird sich alles zeigen e The proof of the pudding is in the eating, rispettivamente Alla fine si mostrerà tutto e La prova del budino si ha mangiandolo. Brevemente un cenno ai punti salienti. Nel proverbio italiano è centrale l’estetica, come la scelta dei fiori evidenzia, un po’ in secondo piano sta il rischio che le spine possono comportare, spine che sono implicitamente associabili alle rose, ma che sul piano linguistico non lo sono direttamente, le due frasi trattano rose e spine indipendentemente le une dalle altre, ciò sempre sul piano esplicito: o sono rose e allora fioriranno, o sono spine e allora pungeranno, per cui sembrerebbe che le rose non comportino il rischio delle spine che invece possiedono. Questo distacco fra rose e spine, che invece in realtà sono componenti entrambe della rosa, nasconde per il possibile la tendenza all’inganno visto che distoglie un po’ l’associazione tra bellezza del fiore e rischio di ferirsi insito in esso per chi, ammaliato dalla bellezza, non si accorgesse della presenza del pericolo di ferirsi. Da ciò si risale a una duplice caratteristica di cui è dotata centralmente la lingua italiana: la finissima estetica sia nei suoni – prevale la melodiosità vocalica e le consonanti non sono enfatizzate, bensì si pronunciano in modalità smorzata –, sia nelle forme espressive che possono essere elegantissime, unita alla tendenza a mimetizzare possibili inganni. Passando al proverbio tedesco, troneggia centralmente il fatto che alla fine – di tutti gli eventi e inganni possibili – la verità delle cose in questione sarà visibile. Questa scelta non particolarmente estetica – il tedesco è una lingua che per altro predilige ed enfatizza i suoni consonantici, per cui non ha una melodiosità facile, e la morfologia è squadrata, angolosa – implica  che per quanti inganni o errori ci possano tessere, la verità verrà fuori, ciò che sottende non che tale verità emerga di per sé, bensì  che essa emerga perché c’è chi la persegue fino alla fine, fino a quando essa appunto venga identificata, come in una caccia senza quartiere, ad oltranza. Nel proverbio inglese: anche qui niente di particolarmente estetico linguisticamente, centrale è la prova dei fatti, niente prolissità, né persecuzioni fino alla fine, né angolosità, né faticosità, solo domina la realtà incontrovertibile dei fatti verificati – il budino rivela la sua qualità alla prova che ne dà mentre lo si sta mangiando, ossia alla verifica dei fatti. Una nota più specificamente di logica dei popoli per come si intravede nel proverbio confezionato in tre lingue. Logica non in primissimo piano nell’italiano, ma per così dire celata – le rose sono per il possibile staccate dal loro corredo di spine. Logica in primo piano con l’inesorabilità dell’emersione della verità delle cose nel tedesco – alla fine tutto si mostrerà principalmente attraverso la ricerca delle prove dei fatti, come implica il percorso tenace preteso dalla logica. In primissimo piano nella logica espressa nella lingua inglese l’evidenza dovuta ad una velocissima astrazione, capace di identificare e centrare il bersaglio il più direttamente possibile, con la minore perdita di tempo, con inutili prolissità e pedanterie. Tre popoli, tre corrispondenti proverbi, tre affini, ma in ogni caso diverse, personalità e modalità dell’esperienza. 

Per concludere: lingue giustamente festeggiate quali meravigliosi magazzini di memorie della storia logica e psicologica dei popoli accanto alla loro altrettanto magnifica potenzialità di comunicazione ed espressione.

                                                                                                        Rita Mascialino

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