FRIULI VENEZIA GIULIA ECONOMICO IN DIFFICOLTA’ IN SENO AL NORDEST

Daniele Damele

Nel secondo trimestre del 2023, i distretti industriali del Triveneto hanno superato i 10,7 miliardi di euro in esportazioni, registrando il primo leggero calo (-1,1%) dopo un periodo di crescita ininterrotta iniziato dal 2021. Il dato emerge dal «Monitor» curato dalla Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, e riflette una situazione complessa in un contesto di generale rallentamento della domanda internazionale.

Da un lato, i distretti del Veneto hanno confermato i livelli eccezionali delle esportazioni toccati nel secondo trimestre 2022, mentre quelli del Trentino-Alto Adige li hanno superati del 2,7%. Dall’altro, i distretti del Friuli-Venezia Giulia hanno registrato una diminuzione significativa del -17,4%, in parte influenzata dall’effetto di rimbalzo rispetto al periodo record del 2022, che aveva segnato un aumento delle esportazioni del 24,6% sull’anno precedente. 

Grazie a un buon avvio d’anno, i dati dell’intero semestre del 2023 sono stati positivi, evidenziando un progresso tendenziale del +2,9%.

Nei primi sei mesi si sono distinti l’Occhialeria di Belluno, seguita dalle Calzature del Brenta e dal Tessile e abbigliamento di Treviso. Inoltre, sei distretti del settore Metalmeccanica hanno registrato incrementi a doppia cifra, con la Meccanica strumentale di Vicenza e la Meccatronica di Trento, seguite dalla Termomeccanica scaligera, la Termomeccanica di Padova, le Macchine agricole di Padova e Vicenza e la Meccatronica dell’Alto Adige. Nel Veneto, le imprese distrettuali hanno esportato 17 miliardi nel primo semestre, con una crescita tendenziale del +3,4%.

Nel Trentino-Alto Adige, le esportazioni hanno sfiorato i 2,9 miliardi, pari al +6,8%, mentre nel Friuli-Venezia Giulia sono al di sotto di 1,5 miliardi, con un -9%. 

Sempre riguardo al primo semestre 2023, il maggior contributo alla crescita è venuto dall’Europa, con un incremento complessivo di 590 milioni, equivalente all’80% della crescita delle esportazioni. I maggiori aumenti sono stati registrati in Francia, Turchia, Germania e Spagna.

Nel Nord America, al contrario, si è manifestato un -3,9%, equivalente a -119,4 milioni, attribuibile ai distretti del comparto legno e arredo, ad alcuni distretti del settore moda come la Concia di Arzignano e l’Oreficeria di Vicenza, e al Grafico-cartario veronese. Si sono rafforzati i rapporti con i paesi dell’America Latina, in particolare il Messico e il Brasile (+13,3%), con i paesi dell’Asia centrale (+9,4%) e più in evidenza in Kirghizistan, Kazakistan e Uzbekistan.

L’interessante report evidenzia ancora che frena la crescita delle regioni del Nord Est che risentono del rallentamento della domanda interna ed estera. Gli investimenti si sono indeboliti, anche se in parte sostenuti dagli incentivi del PNRR.

Un altro rapporto, quello annuale della Banca d’Italia sulle economie regionali evidenzia che l’inflazione seppure in calo dall’inizio dell’anno, ha eroso il reddito disponibile delle famiglie, frenandone i consumi. La perdita di potere d’acquisto è stata più elevata per i nuclei con minore capacità di spesa, in particolare nel Nord Est. I rincari hanno inoltre accresciuto il rischio di povertà energetica.

Il credito bancario alle imprese di tutti i comparti è calato sia in Veneto (-4,1%) e in misura decisamente maggiore in Friuli-Venezia Giulia (-11,8%). Le banche, si legge nel Rapporto, sono diventate più selettive nella concessione dei prestiti in quanto pesano l’indebolimento del quadro economico e il più alto costo della provvista. Il tasso di deterioramento del credito rimane ovunque su livelli ancora contenuti. Gli investimenti pubblici sono cresciuti e sono destinati a irrobustirsi con la progressiva attuazione del Pnrr.

E sono le imprese del manifatturiero a registrare le maggiori contrazioni dei prestiti da parte degli istituti bancari: -18,1% in Friuli-Venezia Giulia e -4,6% in Veneto.

In entrambi i casi risultati peggiori della media italiana che si assesta a un -4,4%. Va un po’ meglio alle imprese del settore delle costruzioni: per loro -3,4% in Veneto e -1,5% in Friuli-Venezia Giulia. Anche le aziende dei servizi sono in debito di ossigeno: -2,9% in Veneto e -6% in Friuli-Venezia Giulia.

Per la seconda parte dell’anno in corso, aggiunge il Rapporto, le banche prefigurano un ulteriore rallentamento della domanda di finanziamenti di famiglie e imprese, a fronte di un orientamento dell’offerta ancora improntato alla cautela.

Un secondo segnale del peggioramento dell’economia è rappresentato dai dati sulla domanda estera. Nel primo semestre del 2023 le vendite estere in termini nominali hanno rallentato in tutto il Paese, in special modo nel Nord Est. L’espansione nel Nord Est è riconducibile unicamente all’aumento delle vendite di macchinari.

Un capitolo a parte riguarda l’analisi dell’indebitamento delle famiglie: nel primo semestre del 2023 i prestiti di banche e società finanziarie alle famiglie hanno registrato un marcato rallentamento in ogni ripartizione, dopo la decisa espansione del biennio precedente, spiega Banca d’Italia. La riduzione rispecchia il calo della domanda di credito da parte delle famiglie, dovuta prevalentemente al deciso rialzo dei tassi di interesse. 

E che la Bce ci dica che per almeno sei mesi i tassi non caleranno non è certamente un bel segnale in tal senso. 

Guardando i dati nazionali non possiamo non rilevare come prosegua la stagnazione dell’industria in quanto la sua produzione a settembre permane invariata rispetto ad agosto e diminuisce del 2% su base annua.

Nella manovra finanziaria statale vi è ben poco per le imprese private industriali e non si favoriscono gli investimenti con nocumento anche sul livello occupazionale. Migliori i dati della Regione Friuli Venezia Giulia anche se è del tutto evidente che a questi livelli è indubbiamente del tutto rilevante poter contare sull’impatto nazionale. 

Oltre a favorire investimenti nel settore delle imprese, dal governo e della PA ci si attende anche misure atte favorire interventi di banche e finanza all’economia reale, occupazione, salvaguardia dei livelli lavorativi, cultura della managerialità, sburocratizzazione, un settore pubblico finalmente al servizio di imprese e cittadini, una politica che s’ingegni nell’individuare scelte innovative capaci di far maturare decisioni in controtendenza rispetto a quelle attuali a BCE e UE.

Daniele Damele

Presidente Federmanager FVG  

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