Rita Mascialino, La celebre similitudine dantesca delle colombe: sintesi esegetica 

La celebre similitudine dantesca delle colombe: sintesi esegetica  (Saggio Dante di Rita Mascialino  pubblicato in occasione del Settecentenario della morte del poeta: Cleup Editrice Università di Padova 2021) è la prima sintesi presente nelle Rivisitazioni Esegetiche Innovative– Rubrica in Udinese-Life Dir. Resp. Gianni Strizzolo –  a cura di Rita Mascialino relative alle più importanti esegesi di opere di grandi autori italiani e appartenenti ad altre culture, esegesi in cui è stata data un’interpretazione non conformistica alle più autorevoli analisi critiche e al contrario del tutto nuova, non già presente a livello nazionale e internazionale, ossia: non si tratta di diverse vesti sinonimiche di concetti già noti, ma di analisi e interpretazioni che danno risultati innovativi. 

Seguono la testé annunciata sintesi del saggio sopra citato riguardante esclusivamente l’interpretazione della similitudine delle colombe (Provenzal, D. a cura di: Dante Alighieri-La Divina Commedia: Milano MI: Arnoldo Mondadori Editore: Edizioni Scolastiche Mondadori:1960: Inferno, Canto V, 82-87), il suo significato più profondo comprensivo dei risvolti sociali e religiosi nonché biografici relativi a circostanze della vita di Dante, risvolti che giungono fino alla più recente attualità, ossia non ci occupiamo qui degli approfondimenti inerenti ad ulteriori dettagli stilistici e semantici pure importanti. 

Dunque Dante, pur inserendo Paolo e Francesca entro la cornice allegorica relativa ai Lussuriosi, non dà loro, come è noto, alcuna connotazione quali lussuriosi ed esprime invece attraverso i due personaggi la sua propria visione dell’amore che mostra spunti di critica profonda e complessa alle regole del vivere sociale del tempo, spunti in contrasto non solo con le convenzioni sociali, ma anche con i precetti divini fino a giungere alla cancellazione della colpa dei due amanti in contrapposizione con la stessa Giustizia di Dio, come vedremo in dettaglio nell’analisi della similitudine delle colombe.

Nel testo dantesco né Paolo né Francesca vengono mai esplicitamente collegati al vizio della lussuria, mentre il contrario accade ad esempio per Semiramide che a vizio di lussuria fu sì rotta/ che libito fe’ licito in sua legge (55-56) e per Cleopatràs lussuriosa (63), bensì i due amanti vengono collegati al cuore gentile e all’amore che non perdona chi lo senta in tali cuori gentili, amore nobile in cui i sensi sono collegati al cuore, perciò meno che mai possono esserlo alla lussuria o addirittura al vizio della lussuria: Per altro il termine Amor, all’inizio di tre terzine successive (100, 103, 106), tre numero perfetto e termine scritto nell’iniziale dei versi necessariamente con la A maiuscola, si riferisce all’amore gentile di cui parla Francesca. L’ipotesi di una eventuale ipostasi o prosopopea di Amor non regge nel contesto in cui valgono il cuore e la sensibilità degli amanti. Dante sapeva – inevitabilmente data la sua grandezza come poeta – quale significato poteva essere ascritto alla maiuscola e alla collocazione del termine nell’incipit delle tre terzine, maiuscola non certo adatta ad un amore lussurioso. Se non avesse voluto dare il tributo di rispetto e di onorabilità al sentimento di Paolo e Francesca, avrebbe semplicemente evitato, tra l’altro il numero tre, e modificato la struttura dei versi, non ponendo il nome all’inizio con la maiuscola, ma nel corso degli stessi e con la minuscola.

Un’ulteriore conferma di ciò riguarda il fatto che a portare i due amanti per l’aer maligno (86) non pare essere la bufera, ma soprattutto il loro amore, come dice Virgilio a Dante che essi verranno da lui, se li chiamerà, per quell’amor che i mena (78). Non è la lussuria che li mena, né il loro amore trascorso, bensì il loro amore presente e imperituro che supera persino la morte e la condanna divina, le quali, secondo il testo di Dante, non estinguono un tale amore tanto nobile e tenace che appare come un legame profondo, indissolubile. In aggiunta, nel testo dantesco Francesca si rende disponibile a parlare mentre che il vento, come fa, si tace (96), questo in uno dei tanti versi danteschi immortali. Bellissimo il più sensuale ritmo in decrescendo, che termina con il silenzio della bufera, delle tonalità dei versi corrispondente alla spazialità dell’immagine rappresentata magistralmente da Dante in pochi tocchi: di fatto la stessa bufera infernale, quasi personificata, che fino a quel momento spingeva gli amanti soffiando, cessa e si ritira dal soffiare in avanti onde permettere a Francesca di parlare con Dante come indietreggiando alle spalle della donna gentile per darle il passo a guisa di cavaliere cortese, come dispiaciuta di doverla condannare alla pena eterna. In altri termini: il vento infernale, quale cavaliere, si ritira per cedere il passo a Francesca in una spazialità digradante come viene mostrato dal trocheo finale che sottolinea l’interruzione del movimento come in una sospensione del vento e il subentrare del silenzio.

Giungiamo adesso alla similitudine delle colombe che dà il titolo a questo studio. Si tratta di una similitudine sconvolgente in quanto applicata a due personaggi posti comunque tra gli incontinenti e i lussuriosi e per questo condannati da Dio all’Inferno, ma nel testo di Dante, non nella sovrapposta cornice allegorica che non ha niente a che fare con il significato del testo in questione, la lussuria non li riguarda, né li riguarda alcuna colpa, ciò in contrasto con il giudizio divino.

La similitudine è la conferma più poderosa non solo relativa all’assenza totale del significato allegorico della lussuria per i due amanti, ma anche e soprattutto all’assenza di qualsiasi colpa. Tali colombe, come dal sostantivo femminile utilizzato da Dante, sono visualizzabili di colore candido, simbolo e metafora di innocenza, purezza, spiritualità, non certo di colpa, colombe che per loro costume vivono in coppia fedeli per sempre, per così dire volendosi bene. E Paolo e Francesca si amano e si vogliono bene, si tengono stretti, fedeli per l’eternità anche all’Inferno.

Testo della similitudine:

“(82) Quali colombe dal disìo chiamate,/

(83) con l’ali alzate e ferme al dolce nido/

(83) volan per l’aer dal voler portate;/

(85) cotali uscir dalla schiera ov’è Dido,/

(86) a noi venendo per l’aer maligno,/

(87) sì forte fu l’affettuoso grido.”

Nella similitudine delle colombe, cui sono paragonati i due amanti mentre si dirigono verso Dante che li ha chiamati, sta espressa la visione inerente alla considerazione di Dante per il loro peccato d’amore e di trasgressione dei doveri sociali ad esso conseguenti – e comandati da Dio –, un peccato inesistente secondo quanto sta nella similitudine delle bianche colombe. Nel testo Dante, al di là di ogni schema allegorico, religioso o sociale e quant’altro, non considera i due amanti colpevoli, altrimenti non li avrebbe paragonati a innocentissime colombe senza macchia. In questo va oltre Cristo stesso nei riguardi dell’adultera quando la salva dalla condanna per lapidazione ordinandole di non peccare più: Cristo non parla di innocenza, ma di peccato da non ripetersi, mentre Dante paragona Paolo e Francesca a bianche colombe innocenti, senza peccato alcuno. Per altro Paolo e Francesca non escono dalla schiera di anime dannate dove stanno Semiramide e o Cleopatra, bensì dalla schiera dove sta Didone, che si innamorò di Enea solo dopo la morte del marito e si uccise per amore, s’ancise amorosa/e ruppe fede al cener di Sicheo (61-62), una infedeltà piuttosto discutibile dunque, come è implicito nei versi di Dante. 

Ancora una nota. Gli altri dannati sono paragonati a stornelli e a lamentose gru che volano in gruppo, non così le due colombe che volano in coppia. Come le due colombe volano assieme verso la loro casa, così Paolo e Francesca si dirigono verso Dante e Virgilio, sentito l’affetto di Dante che li chiama su consiglio di Virgilio, i quali entrambi attendono i due personaggi. Virgilio, nello speciale viaggio nell’al di là nell’Inferno e nel Purgatorio, rappresenta la ragione quale più sicura guida ed è anche il Maestro di Dante nell’opera di poesia – è grande poeta egli stesso.  Se dunque la casa delle due colombe è il concreto nido, la ragione e la poesia sono la metaforica casa dei due sfortunati amanti verso la quale si dirigono, ossia il luogo in cui sentono di essere protetti e compresi nella verità della loro vicenda. Nella ragione e nella poesia Paolo e Francesca, secondo la similitudine, possono dunque avere la loro casa più veritiera diversamente che nell’Inferno: dove regna la ragione non vi è errore, ma la più profonda giustizia e dove sta la poesia vi è la più profonda verità, ossia la più vera memoria della loro storia,  dei loro sentimenti. In altri termini: nella giustizia garantita dalla ragione i due personaggi possono avere la protezione della loro verità e nella poesia la memoria eterna della verità delle loro anime. Grazie a questa similitudine il dissenso di Dante con la condanna sociale e divina non potrebbe essere maggiormente in primo piano.

Sottolineando ancora: se Dante non avesse voluto esprimere questo significato relativo all’amore fra i due, avrebbe scelto una similitudine diversa per i due peccatori – o forse magari Dante non sapeva e non capiva quello che diceva nella Divina Commedia, non sapeva niente di colombe e della loro simbologia? Lo Spirito Santo stesso, non ignoto a Dante, stesso scende dai Cieli in forma di bianca colomba che lo rappresenta e in generale la colomba è ovunque simbolo di superamento degli istinti e di supremazia dello spirito, di pace e di concordia, anche specificamente dell’anima dei giusti e tanto altro di simile. Non è mai in nessuna cultura simbolo negativo.

Occorre a questo punto in un’analisi semantica del testo necessariamente chiedersi come mai Dante sia così estremo nel giudizio di totale innocenza verso i due che hanno comunque commesso il peccato di adulterio e tradimento, anche se non di vizio di lussuria.  Ciò non accade solo perché Dante, forse, fosse egli stesso tentato di cedere o avesse ceduto in affini circostanze. Il suo giudizio di totale innocenza per i due amanti nel testo ha una base più profonda che per così dire taglia la testa al toro quanto alla motivazione. La causa decisiva che può coesistere con il cuore gentile sta, implicitamente, in primo luogo nel matrimonio di Francesca, matrimonio ingiusto e crudele che esonera Francesca da un vero e proprio peccato grave in quanto subito senza amore e senza scelta personale, bensì combinato dai genitori e imposto. Nessuno di essi ha contratto un matrimonio per amore cui poter essere fedele, ma, seppure diversamente, ha subito il matrimonio per gli interessi materiali delle famiglie. Un antefatto che fa della similitudine in questione la base più solida per una vera e propria denuncia dell’ingiustizia relativa ai matrimoni combinati e imposti dai genitori ai figli, una denuncia espressa sul piano della poesia, della letteratura. Una nota importante va fatta ancora a questo punto sull’argomento della pietade (140) collegandolo alla similitudine con le bianche colombe. Sul piano implicito al testo la pietà di Dante verso i due esseri umani, condannati in eterno all’Inferno dalla Giustizia divina e considerati innocenti da Dante come dalla similitudine, si tinge di dissenso con la misericordia e con la Giustizia stessa di Dio. Con la misericordia in quanto, mentre Dante tiene conto delle attenuanti relative al matrimonio combinato e imposto alla donna gentile e, pur diversamente, all’uomo, Dio pare non tenerne alcun conto, incrinando così lo stesso senso della sua Giustizia priva di ogni misericordia. Anche in altri canti e passi importanti della Commedia Dante lancia le sue invettive contro la Chiesa, rappresentante di Dio in terra – vedi il Canto XXVII del Paradiso, dove Dante affida a San Pietro la più ardita invettiva contro le infamità perpetrate dalla Chiesa di Roma e in parte contro Dio stesso quando non aiuti chi di lui abbuia bisogno. Si potrebbe comunque obiettare che in altri passi della Commedia e in altre opere Dante affermi i principi divini come giusti e anche quelli sociali che su questi si impostino. A parte ogni diversa motivazione a monte delle diversità di opinione di Dante, il fatto è che qui si tratta non di altri passi o altre opere, ma in particolare dell’analisi semantica del testo di Dante riferito a Paolo e Francesca.

L’argomento dantesco risulta per altro ancora di tutta attualità ovunque non si rispetti il principio democratico della libertà di scelta soprattutto della donna relativamente al compagno, meno gravemente dell’uomo per la diversa natura maschile e femminile  rispetto alla compagna di tutta la vita – così nelle intenzioni –, una scelta capace di condizionare l’intera esistenza specie all’epoca medioevale.

Sul tema una breve digressione collegata alla vita di Dante, esterna all’analisi del testo, ma nella fattispecie indispensabile a conoscersi a proposito dei matrimoni combinati.

Dante sposò Gemma Donati, appartenente al grande casato fiorentino dei Donati, in ossequio ai genitori che avevano combinato il matrimonio decidendo per lui ancora dodicenne. Dante obbedì a quanto stabilito dai genitori, ma pare che non abbia scritto mai un solo verso per la moglie con cui ebbe comunque diversi figli, mentre dedicò tutta la sua vita e la Commedia nonché la Vita Nova al suo amore ideale per Beatrice, creandosi così in ogni caso un luogo nella mente dove poter amare la donna che avrebbe voluto amare per sua scelta. Il silenzio di Dante relativamente alla moglie corrisponde molto verosimilmente a una rimozione freudiana assoluta a conferma di come Dante non avesse gradito al di là di una relazione sociale, obbligata, il proprio matrimonio combinato, senza amore.

Proseguendo con l’analisi e per concludere, in aggiunta a quanto citato dal saggio e sintetizzando, la similitudine delle colombe non è soltanto bella e commovente, ma nella reciproca libera scelta delle colombe per tutta la vita e nella loro fedeltà – non si tradiscono –  sta l’espressione della, per quanto implicita, comunque chiara all’analisi del testo,  denuncia di Dante per i matrimoni imposti ai figli dai genitori con l’approvazione di Dio e anche o soprattutto l’attacco alla Giustizia divina che, nel Medioevo, non era cosa tanto comune visti i rischi che si correvano, roghi e quant’altro. Vediamo nella società attuale culture che combinano matrimoni cui i figli si devono sottomettere pena addirittura l’uccisione da parte dei genitori o di altri familiari. La similitudine di Dante sta a favore della libera scelta del compagno e della compagna e contro i matrimoni imposti – ribadiamo che le colombe si sono scelte liberamente e perciò possono essersi fedeli, amarsi e farsi buona compagnia per la vita e ricordiamo anche che Paolo e Francesca, al di là della punizione eterna, stanno sempre assieme e continuano ad amarsi anche nell’Inferno, per tutta l’eternità così come avrebbero voluto nella loro vita terrena, una sofferenza che subiscono stando comunque per sempre insieme, ossia neanche Dio, nel testo dantesco, può evitare che il loro amore venga cancellato dalla condanna più tremenda e considerata ingiusta. Grande Dante che, in una all’apparenza solo bellissima similitudine, ha condannato da uomo libero, non medioevale, usi e costumi sociali legittimati da Dio, quindi dalla Chiesa, nonché dalla società, sollevando un problema che non è stato risolto ovunque nel mondo neppure oggi. Una similitudine che, pur goduta da sempre nella sua finissima estetica, non è stata mai valutata nei suoi agganci impliciti alla potente denuncia dantesca contro Chiesa, società, divinità stessa, nei suoi agganci profondi alla situazione biografica di Dante stesso.

                                                                                                                                    Rita Mascialino

[La sintesi è pubblicata su udinese-life, quotidiano online, Direttore Responsabile Gianni Strizzolo, Rubriche, sottoelenco Rivisitazioni Esegetiche Innovative. Il testo integrale dello studio di cui la sintesi si trova nel saggio Dante di Rita Mascialino assieme ad altri due studi danteschi (Cleup Editrice Università di Padova 2021) pubblicati in occasione del Settecentenario della morte di Dante Alighieri (Firenze 1265-Ravenna 1321. I tre studi sono postati ciascuno anche separatamente in tre Video YouTube (2021)] 

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