Artemìa: quando l’anima canta in coro

Al Festival di Sanremo mentre canta la canzone "Sinceramente" , quando, quando, quando

IL GIOIELLO DI TORVISCOSA

E se affidassimo le sorti del mondo ai bambini? Ai ragazzi? Riuscirebbero a fare peggio di noi? No, farebbero sicuramente meglio. Ne sono sicuro, perché quando giovani e giovanissimi fanno gruppo attorno a un obiettivo che li appassiona ed entusiasma, che li tiene insieme, che fa nascere affetti e progetti a più voci sono e saranno sempre vincenti. Non vi sembri questo mio pensiero un iperbolico e utopico romanticismo. Ho le prove che può essere davvero così: le prove si trovano a Torviscosa.

Il miracolo bambino ha un nome: Piccolo coro Artemìa, progetto uno e trino (voci bianche, giovani voci e piccolo coro, per un totale di circa 80 componenti), regista l’instancabile e  sempre entusiasta – anche dopo 25 anni – Denis Monte. La password: emozioni. Sì, perché senza questa parola non potremmo comprendere un fenomeno musicale di cui il Friuli va orgoglioso, tante voci e una sola anima.

Al principio c’erano le emozioni di Denis il predestinato. “A casa nostra cantavano tutti. E io con loro, a cominciare dalle tante villotte che mi ha insegnato la nonna – ricorda con orgoglio -. Il canto ci dava gioia, un’emozione straordinaria. E così deve essere nel mio futuro, pensavo già da ragazzino, il canto deve essere il posto dove stai bene. Dalla casa all’oratorio e alla chiesa – grazie al sostegno e all’incoraggiamento di don Armando Bassi -, al coro che accompagnavo all’organo. Ho imparato molto da questa esperienza: il coro è comunità di persone e di famiglie e questo è diventato la mia bussola e il mio prezioso habitat”.

Negli anni Monte ha seguito una feconda strada di studi musicali (campo base il Conservatorio Tomadini).

Poi, per caso, la svolta. “Un’autentica folgorazione! Ero a Udine per incontrare una persona quando mi capitò di ascoltare un coro di bambini che cantava al Telethon.

Capii subito che quella era la mia strada: avrei portato nella mia Torviscosa quest’arte, plasmandola nella comunità, un’arte un po’ mia. Da qui il nome del coro”. Serviva una specializzazione per il canto infantile e le voci bianche: Denis la trovò nell’eccellente metodo Willems e nei professori Ugo Cividino e Franca Bertoli e nei tanti corsi tenuti da illustri maestri (Arnoldo, Donati, Martinolli, D’Arcy, Cadario, Sjoberg, Guilloré). “L’impatto casalingo fu straordinario. Fin dagli inizi, con al mio fianco Barbara Di Bert (che poi ha preso altre belle strade con Polivoice e Monteverdi di Ruda), chi è stato con noi – partendo da quella notte di Natale del 1998 quando cantammo a Gesù una timida ma convinta canzoncina – ha sempre creduto nell’emozione che provi e sai trasmettere: è più importante della tecnica, della spettacolarità, della bravura, pur necessarie.

Ho sempre detto che questo era il mio credo e tutti mi hanno seguito in questo percorso di emozioni in musica, concerto dopo concerto, dopo tante vittorie ai concorsi in giro per l’Italia”.

Ci fu una seconda folgorazione? “Sì, quella di Elisa, ai tempi di Pipes & Flowers: venne con il suo batterista Andrea Fontana – che ci accompagnava – ad un nostro concerto al Pasolini di Cervignano. Fu subito conquistata, al punto che ci raggiunse sul palco per cantare una strofa di Kumbaya. Da quella volta, Elisa ha quasi sempre assistito ai concerti natalizi di Artemia, ha chiamato spesso il coro per le proprie esibizioni e lo ha presentato a Caterina Caselli e a colleghi illustri come Giorgia, Ligabue, Mario Biondi, The Kolors, Carboni, Nada, De Gregori  e… Annalisa.

Annalisa significa la ribalta sanremese. Il sogno di una vita. “No – precisa il maestro Monte -, il sogno di una notte, bellissimo, entusiasmante, energetico.

È stata un’emozione fortissima cantare Sweet dreams degli Eurythmics con Annalisa e La rappresentante di lista, ma poi siamo tornati alle nostre cose, alla nostra culla musicale, pronti per altre sfide”.

Ho notato che nel repertorio di Artemia c’è molta musica del Novecento, sacra e profana.

Un vecchio amore di Denis. “È vero, il Novecento è più nelle mie corde e piace alle ragazze e a chi ci segue e sostiene – commenta soddisfatto -. I risultati sono stati eccellenti, basti pensare al disco che abbiamo dedicato a Benjamin Britten, ma lavoriamo anche su Rutter e altri inglesi, su Arnesen, Arvo Pärt e i grandi maestri del Nord”.

Torniamo al discorso iniziale, all’ambiente in cui si muove, studia e cresce questa bella realtà culturale e sociale oggi presieduta da Laura Cecotti. 

Torniamo a Torviscosa e ai tre cori in uno: 4-11 anni (Voci bianche), 11-18 (Giovani voci) e 18-30 (Piccolo coro). Una suddivisione intelligente, equilibrata e consolidata (“c’è chi entra a 4 anni e si sposa mentre ancora canta con noi!”). Questo significa che si cresce e si impara insieme, senza protagonismi, distinzioni di ruoli o rivalità, che si coinvolgono le famiglie, si diventa amici e si fa gruppo al di fuori e al di là della musica. Tante voci per una sola anima. Forse per un mondo migliore. Qualcuno ha detto che chi ama la musica non sarà mai cattivo. Io ci credo. Così, di fronte alle troppe cattiverie che ogni giorno ci circondano, il piccolo miracolo di Torviscosa è davvero un seme di speranza, un canto altro, esemplare. Possa esserlo per i nostri ragazzi, per i nostri giovani: sullo spartito della vita.

Nicola Cossar

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