Lo sforzo compiuto lunedì sera a Roma per battere la Lazio è stato così intenso che i quattro giorni che separavano dalla sfida col Toro (la squadra di Juric, per contro, aveva giocato in anticipo addirittura il venerdì precedente a Napoli) non sono stati sufficienti per assorbirlo, per recuperare energie e presentare una squadra atleticamente almeno decente da opporre ai granata. E l’allenatore e il suo staff di preparatori non s’erano accorti di questo deficit!

E’ una delle spiegazioni che Gabriele Cioffi ha dato per motivare la misera prestazione dell’Udinese piombata in una piattezza infinita come altre volte le era accaduto all’indomani di vittorie che avevano fatto pensare a una resurrezione, al principio di una continuità in grado di cavarla dalle sabbie mobili della bassa classifica.

Cioffi ha riconosciuto la sua colpa. E’ un apprezzabile atto di onestà che tuttavia nulla toglie al pensiero ricorrente su un allenatore ancora avventizio, cui mancano anni di battaglie a questo livello per maturare l’esperienza necessaria a padroneggiare ogni piega del suo lavoro.

Si è reso conto a partita in corso di aver sbagliato formazione o, meglio, di non aver pesato bene la partita, di non aver presentato la squadra giusta per un simile avversario che si sapeva fisicamente formidabile e con alto tasso qualitativo: il Toro sempre primo su ogni palla, agile e potente nelle proiezioni e negli inserimenti secondo un copione di gioco perfettamente interpretato, bianconeri disseminati a casaccio per il campo, sperduti nell’impotenza di un centrocampo sovrastato. Era accaduto anche nella prima mezz’ora con la Lazio, che però a differenza del Toro (Zapata in gol di testa, tra Bijol e Ferreira, già al decimo minuto) non aveva indirizzato subito la partita a proprio vantaggio, favorendo così la reazione bianconera. Che stavolta non c’è stata; e non poteva esserci causa idee annebbiate, gambe molli, animo fragile.

Cioffi ha tentato di rimediare richiamando già alla mezz’ora Pajero per inserire Ehizibue a destra e portare in mezzo al campo Pereyra. Una mossa sciagurata sia nell’immediato per l’insufficiente condizione del capitano, che addirittura non s’era allenato in settimana, sia per le negative conseguenze a cascata sui cambi successivi, rivelatisi nella ripresa condizionati e improduttivi, oltre che sbagliati se pensiamo alla sostituzione di Kamara, uno dei meno peggio.

Ma benedetto uomo! Hai Samardzic che non gioca da due partite, quindi fresco come una rosa; hai Brenner e pure Success che almeno sul piano fisico tiene botta e poteva benissimo surrogare lo spompato Lucca finito tra i tentacoli del giovane compare azzurro Buongiorno! E poi: bastava che Cioffi leggesse l’intervista fatta in settimana da Novellino al Messaggero Veneto per capire che la variabile più insidiosa era Vlasic, che nessuno è riuscito ad arginare, non il flemmatico Giannetti né Walace (al rientro) ben presto rassegnatosi a lavoretti di ordinaria manovalanza.

Ora mi sta bene che Cioffi si prenda le proprie responsabilità, ma fino in fondo però. Maurizio Sarri, dopo la sconfitta per mano dell’Udinese, ha dato le dimissioni. Ebbene, mi aspettavo qualcosa di simile pure da Cioffi, che rimettesse il mandato alla società, libera di scegliere tra la conferma o la sostituzione. Un’eventualità quest’ultima – va detto – con incorporato un alto tasso di buio considerato che potenziali papabili (Ballardini, Luca Gotti, lo stesso Tudor) si sono tutti sistemati come salvatori di altre patrie. Non resterebbe allora che la mossa estrema di richiamare Andrea Sottil. Ma Cioffi ha rilanciato con fede incrollabile: studieremo, lavoreremo, ci salveremo! Ha ancora Gino Pozzo dalla sua parte, mentre il resto della compagine dirigenziale si guarda smarrita e non prende iniziative.

Già, la società. Ma quale società? Nessuno mostra la faccia, stavolta neanche il direttore sportivo Balzaretti si è attivato per dare una mano all’allenatore; nessuno degli uomini più vicini alla proprietà ha trovato il coraggio per incontrare gli ultrà della Nord che hanno inscenato una protesta civile e scandito slogan, i soliti che invitano i Pozzo a rispettare la loro passione e ad allestire squadre degne del passato con un progetto che sia prima sportivo che commerciale.

E’ un momento buio, uno dei punti più bassi della storia lunga 37 anni dei Pozzo all’Udinese. Non c’è un pilastro cui agganciarsi, una certezza che corrobori la speranza. Al problema tecnico rappresentato da una squadra incompiuta e sconcertante si è venuto a sommare un problema ambientale di rapporti con la tifoseria, come fossimo tornati indietro tra anni Ottanta e Novanta, quelli del saliscendi tra A e B, quando in curva apparvero gli striscioni “Pozzo vattene”.

Ora restano due settimane di stop prima della volata finale delle nove partite decisive, tremenda quella alla ripresa del campionato sul campo del Sassuolo. Questi giorni vanno impegnati anzitutto a ricucire il rapporto con la tifoseria, ripristinando una convivenza sinergica e produttiva. E il primo passo lo deve fare la società. La palla resta nel campo della società anche sul fronte sportivo. Cioffi predica bene, conosce i meccanismi della comunicazione, a fregarlo sono le evidenze e i numeri. Perciò rilanciamo alla grande l’idea che abbiamo portato in campo qualche settimana fa: affiancategli un personaggio esperto, un capitano di lungo corso, che lo aiuti a superare l’esame di terza media. Il massimo sarebbe Guidolin, ma andrebbe bene anche Gigi Delneri.  

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