Alvise Nodale: dalla Carnia il nuovo “troi” dei cantautori

DOPPIO CONCERTO LUNEDÌ  AL MUSEO ETNOGRAFICO DI UDINE

La Carnia racchiude in sé tanti tesori, non sempre facili da trovare ma sempre e puntualmente capaci di darti gioia e generosa energia con suoni e voci antichi come le montagne eppure portatori di nuovi semi artistici e culturali. Pensiamo a Giorgio Ferigo, a Gigi Maieron, Lino Straulino, Aldo Rossi e Massimo Silverio, al rap cespuglioso di Dek Ill Ceesa e al mestri ReddKaa Romanin. Da quelle amate valli sono puntualmente arrivati ineludibili segni di rinnovamento, nuovitrois, talvolta delle vere e proprie svolte per la musica in marilenghe.

Il tassello che da qualche anno completa idealmente e mirabilmente questo mosaico d’autore ha il nome, il volto e la voce di Alvise Nodale. Se non lo conoscete ancora, non perdetevi il doppio concerto che il cantautore carnico terrà il giorno di Pasquetta al Museo etnografico di via Grazzano a Udine con orari 10.15-15.45. È inserito nel cartellone della Fieste de Patrie dal Friûl e organizzato da Comune di Udine e CulturArti con il contributo dell’Arlef. 

Ricordo ancora quell’incontro al Messaggero quando l’amico di sempre Lino Straulino mi presentò Nodale e le sue canzoni: “Scolte chest frut: al è brâf!”. Ubbidii, perché Lino non sbaglia mai. Sono passati diversi anni, nove dall’acerbo ma interessantissimo Conte Flame (Il Re a Zuviel è la mia preferita), album d’esordio in cui lo affianca proprio Massimo: Alvise è cresciuto con riservata costanza, con assidua ricerca vocale (riferimenti inglesi di ieri e di oggi) e perfezionamento strumentale sia con la chitarra sia con il mandolino, con il bouzouki… e la benedizione di Lino.

Ma Nodale non è Straulino da giovane, nonostante l’amicizia, l’insegnamento e la provenienza comune. E non carichiamolo della responsabilità di essere oggi una figura centrale del cantautorato friulano (anche se lo è…). Alvise ha il suo troi, anzi, una doppia corsia! La sua penna e il suo canto raccontano storie e fiabe, mondi, microcosmi e grandi sogni, mentre allo stesso tempo questo figlio del But sa rendere omaggio alla tradizione restituendoci con il suo sentire tanti canti carnici e friulani che abbiamo sempre amato e che sono documentati dall’album del 2011 Zornant. Ne ascolteremo alcuni lunedì, assieme a una preziosa anticipazione del nuovo lavoro Gotes, in uscita a giugno per l’etichetta di Edoardo De Angelis Il cantautore necessario. Ecco un altro fondamentale incontro per Alvise: Edoardo, grande della canzone d’autore e infallibile scopritore di talenti (De Gregori e Venditti, per esempio), ha capito subito che questo dreamfolk fatto di radici e nuove composizioni e di una lingua misteriosa e musicale può e deve avere un spazio più ampio, può essere proposto anche fuori dal Friuli. Edo me lo ha confermato nei bei giorni di cantautorato residenziale in val Pesarina (progetto vincente firmato De Angelis-Del Fabbro-Capellari), colpito dalla freschezza melodica, dalla bella voce e dal chitarrismo mai banale di Alvise che profuma di Jansch, Renbourn e Drake. Da qui l’idea del passo romano e del disco per Il cantautore necessario, etichetta di pregio nel panorama italiana della poesia in musica. Da qui arriverà Gotes. Un altro album in friulano: “Nel 2018 ne ho inciso uno anche in italiano, The Dreamer – precisa -, ma è una lingua che non risuona dentro di me, così ho deciso di proseguire il mio cammino in marilenghe”.

Alla vigilia del doppio concerto di lunedì prossimo al Museo etnografico del Friuli, ho fatto due chiacchiere con il nostro

Un contesto per certi versi nuovo quello dell’Etnografico. “Vero. E ti dirò che lo affronto con una particolare emozione, con rispetto e amore per la musica delle nostre radici, che proporrò con un mio vestito, con la mia sensibilità insomma. Racchiude una poetica semplice, popolare eppure profonda”.

I colori delle canzoni non sono mai sgargianti, la chitarra è sempre acustica, la voce è misurata e mai urlata. Alvise: “Sto lavorando molto sulla vocalità e sulle sue dinamiche, il canto è un’eterna costruzione, un’eterna ricerca espressiva. Non mi piace urlare, non serve. Amo tutti gli strumenti cordofoni: continuerò il mio percorso sempre in acustico. Come ho fatto – lasciamelo dire – con un buon successo al festival Ferentino Acustica”. E io sono sicuro che farà il bis anche in giugno qui a Folkest. 

A proposito di folk, Nodale ha partecipato a un bel progetto e disco (2019, Nota) dedicato alla musica popolare italiana, Villandorme, con Lino Straulino e Alessia Valle. “Quell’esperienza mi è piaciuta molto – commenta – e molto mi ha dato per migliorare la comprensione dello spirito più popolare della musica. Peccato non essere riusciti a riproporla ancora”. Non si sa mai…. Conclude il contastorie di Sutrio: “La musica popolare la porto sempre con me, fa compagnia alle mie composizioni, in qualche modo le ispira e le completa. Quindi non cambierò certo il troi”. E io concludo rubando il titolo a una bella canzone di Gigi Maieron per dire che quando senti cantare Alvise senti la dolce carezza del vento di casa.

Nicola Cossar 

Il cantante Alvise Nodale in concerto foto Ingrid Wight

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