Con l’abitudine si finisce per accettare tutto, il meglio e il peggio. E così basta una prestazione dignitosa – spruzzata di qualche fase di prolungato possesso, di un gol ben fatto (quello Thauvin, quinto bersaglio per il francese) e di altri mancati per il classico pelo – per accettare senza troppo storcere il naso il pareggio dell’Udinese sul campo del Sassuolo. E’ il sedicesimo pareggio della serie: non si vince epperò neppure si perde, continuando a viaggiare sul ciglio del limbo affacciato sul calderone che ribolle tra i miasmi di serie B.
Il trentesimo turno di campionato ha unito nel comune destino del pareggio tutte (tranne l’Empoli sconfitto dall’Inter) le squadre di bassa classifica, per cui la situazione si è cristallizzata, con le distanze immutate: l’Udinese a 28, tre punti sopra il terz’ultimo posto occupato da Frosinone ed Empoli. Calma apparente perché la posizione bianconera poggia sul campo minato del calendario che riserva all’Udinese due incontri casalinghi consecutivi contro la scatenata Inter di Inzaghi e la Roma in caccia Champions.
Da quanto produrranno queste due partite dipenderà il seguito: se l’Udinese resta inchiodata lì e magari sorpassata da una o più antagoniste, l’ansia potrebbe giocarle brutti scherzi nell’immediato seguito che deciderà l’esito della stagione. Se invece un minimo di polpa andrà a rafforzare la classifica, è prevedibile che la scossa positiva sul piano psicologico distenda i nervi per imboccare in discesa l’ultimo segmento del campionato.
Allo stato delle cose ogni previsione è impossibile. Ci si può concedere soltanto di chiosare per dire che paradossalmente sarebbe stato meglio giocarle fuori casa le prossime due partite. Ciò tenendo presente che tre delle quattro vittorie stagionali dell’Udinese (su Milan, Juve e Lazio) sono state ottenute in trasferta e che, viceversa, tra i cementi del Friuli è andata decisamente male. Con l’unica eccezione dell’exploit sul Bologna in una partita che subito ha preso la piega giusta del vantaggio e di due altre reti in 7 minuti all’inizio di ripresa. Stando così le cose, si tratterebbe di creare le condizioni mentali e ambientali perché i “nostri prodi” si sentissero in campo esterno, innescando il meccanismo del nulla da perdere contro avversari di rango superiore. Lo scherzo magico resterà tale e più prosaicamente bisognerà ricorrere a poteri più terreni per provare a tenere botta.
VERDETTO SCONTATO? – Lunedì prossimo, nel posticipo contro l’Inter, il verdetto sembra scontato. Per rimetterlo in bilico dovranno intervenire due fattori opposti e concomitanti: una serata storta dei nerazzurri e un’impennata sfolgorante dei nostri. Difficile, non impossibile se pensiamo, per esempio, che il Verona è stato a un niente (il rigore sbagliato nel finale da Henry) da un 2-2 clamoroso a San Siro. Ma Cioffi dovrà inventare qualcosa di diverso, gli si chiede uno sforzo di fantasia per uscire dal solito cliché della squadra scontata e facilmente leggibile. Oltretutto gli mancherà Lucca squalificato, per cui qualcosa di nuovo dovrà escogitare per forza soprattutto in avanti. Se proponi il compassato Success spalle alla porta, i vari Acerbi, Bastoni e Pavard se lo fumano in un amen, per cui sarebbe forse preferibile non dare riferimenti optando per due attaccanti mobili schierando Brenner assieme a Thauvin che, associati a Pereyra, possano creare qualcosa di imprevedibile.
E dietro, che centrocampo disegnare per contrastare la sontuosa mediana interista ispirata da Calhanoglu? A ruota: fidarsi ancora di Samardzic (impalpabile anche contro il Sassuolo), fidando magari in uno scatto mentale del ragazzo collegato al mancato approdo estivo in nerazzurro; oppure puntare sulla superiore fisicità e sulla garra di Pajero?
Si potrebbe immaginare, insomma, un’Udinese ben incernierata in mezzo al campo attorno a Bijol e Walace, attenta a ostruire gli spazi e a togliere i rifornimenti a Lautaro e Thuram, lasciando che i tre davanti facciano reparto quasi da soli. Tutto ciò dando per scontati intensità, spirito combattivo, resistenza nelle sfide dirette per non finire travolti.
E’ soltanto un’idea tra le altre possibili per provare a dare alla squadra una strategia che la indirizzi a superare i propri limiti nella prospettiva di un’impresa da consegnare agli annali.
MIRACOLI DELLA FEDE – Erano quasi novecento i friulani che hanno trascorso la Pasquetta in Emilia al seguito dell’Udinese. Diceva uno scrittore inglese che la grandezza del calcio sta negli sforzi e nei sacrifici che fa la gente per andarlo a vedere. Perciò sono tanto più ammirevoli i nostri tifosi, muniti di passione sconfinata pure in presenza delle minime contropartite che elargisce l’amata Zebretta. Lunedì prossimo dovranno lucidare le ugole per reggere il confronto con la parte interista che, poco ma sicuro, popolerà quasi la metà dello stadio.
La fede bianconera resta solida, al netto delle rimostranze che ogni tanto esplodono, ultima la contestazione seguita alla sconfitta interna col Torino: sacrosanta davanti a un’Udinese sulle ginocchia e nell’occasione guidata alla carlona da Cioffi. L’allarme è scattato anche nella stanza dei bottoni se è vero che la società ha pensato bene di cercare alleati, anzi di recuperare quelli vecchi nell’ottica di un fronte comune per l’interesse generale di mantenere Udine in serie A. In questa direzione va letta la “pace” scoppiata tra la società e il quotidiano cittadino dopo anni (quelli della tv aziendale e della direzione foresta) di contrapposizioni e di ostilità anche a colpi di carte bollate. Siamo piccoli e deboli, se pure ci dividiamo il destino è di diventare insignificanti! Così Collavino e Balzaretti hanno varcato la fatidica soglia di viale Palmanova per rispondere alle domande inoltrate dai tifosi. Una mossa “politica” di normalizzazione approvata da Gino Pozzo che di certo non gode a vedersi tirare pesantemente in ballo a ogni rovescio.
Sarà banale ripeterlo, ma l’unità d’intenti sembra a questo punto l’unico mezzo per chiudere col risultato minimo (ora diventato massimo) la stagione, preludio a mettere le cose in chiaro per l’immediato futuro: fate una squadra come si deve, una squadra da amare e di cui essere orgogliosi. Così vuole la storia dei Pozzo, così merita la passione dei friulani.