Una squadra povera, una squadra svampita e inaffidabile, una squadra sfortunata. E guidata da un allenatore incompiuto alla pari degli uomini che sta gestendo.
E’ l’identikit impietoso di una candidata alla serie B, perché tale è oggi l’Udinese all’indomani della (fatal?) sconfitta del Bentegodi arrivata al 92’: è la quinta rete in stagione che i bianconeri subiscono nei minuti di recupero, un record negativo costato complessivamente 7 punti, quei punti che aggiunti alla classifica di oggi metterebbe al riparo da ogni rischio. Coincidenza o risultante di una precisa mentalità: Coppola fa il paio con Henry che nella gara d’andata al Friuli arpionò il pareggio addirittura al 97’, nel recupero del recupero, complice l’uscita maldestra di Silvestri.
L’ultimo quarto di partita è stato illuminante sulle rispettive volontà. Il Verona voleva vincere sollecitato dai messaggi di mister Baroni che, immettendo giocatori offensivi, faceva capire che bisognava crederci fino all’ultimo attimo, quindi arrembare e andare su ogni pallone come fosse l’ultimo. In questo il Verona ha dato oltre il cento per cento, valicando i propri limiti tecnici per esaltarsi nelle componenti morali, di carattere, di coesione. Questo ha significato il vittorioso colpo di testa di Coppola, salito oltre i nostri giganti di difesa, nella circostanza non più aiutati dai due metri di Lucca appena sostituito.
Ma cosa va a pensare Cioffi, in preda a chissà quali pulsioni strategiche? Al 91’ richiama appunto Lucca, sempre prezioso come supporto difensivo sulle palle inattive, per inserire Success. Una fesseria sesquipedale, spiegabile parzialmente con l’idea di guadagnare qualche secondo e spezzare il ritmo del forsennato serrate finale scaligero. In questo caso il messaggio alla squadra è stato incomprensibile, anzi deleterio nella certezza che Success sarebbe servito a nulla: non in attacco perché l’Udinese era in costante ripiegamento, non in fase difensiva per la nota pigrizia del nigeriano.
A stupire è la tempistica della mossa. Era da una ventina di minuti che Lucca, sfiancato al pari di Pereyra, aveva la spia della riserva accesa. Se Cioffi l’avesse avvicendato verso il 70’ nessuno avrebbe potuto eccepire. Ma per fare cosa? Se voleva tentare di vincere, Brenner (o Davis) sarebbe stato più indicato; se voleva mantenere il risultato era Zarraga l’uomo giusto per mordere a centrocampo e ammortizzare la spinta veronese. Cioffi ha scelto di non scegliere, come troppe volte gli è accaduto in passato, finendo per ricevere punizioni atroci: e quella di Verona lo ha letteralmente stravolto se non mentono le immagini apparse sullo schermo.
Marco Baroni ha fornito una straordinaria prova di realismo. Non dico che Cioffi sia stato superficiale, ma inesperto sì, mancandogli quella gavetta che il collega ha già abbondantemente maturato. Baroni ha preparato la sua squadra a una partita sporca, l’unica che poteva fare, puntando molto sulle palle inattive se è vero che, oltre al gol arrivato su parabola da corner, il palo di Tameze e la traversa di Folorunsho sono conseguenza di situazioni analoghe da palla ferma studiate e provate per supplire a una manovra che il Verona non ha i mezzi tecnici per sviluppare.
In questo senso l’Udinese – che ha presentato Samardzic in una delle sue versioni migliori – è stata superiore, capace di creare trame non banali che avrebbero meritato miglior sorte: Lucca che conclude debolmente esaltando i riflessi di Montipò; Ehizibue, solo davanti alla porta, che cicca clamorosamente l’invito di Kamara; Bijol due volte marcatore mancato per centimetri nelle sue portentose proiezioni aeree. Le occasioni per segnare l’Udinese le ha avute, eccome se le ha avute. E allora è inevitabile chiamare in causa anche la sfortuna, da sommare magari a una sintonizzazione solo parziale sulla portata dell’evento.
Se leggerezze ci sono state, ebbene questo è il momento di entrare in un’altra dimensione: deve scattare la reazione feroce di chi vede la morte in faccia. Già nella ventina di minuti che questo giovedì completeranno la partita con la Roma, sospesa al 72’ per il malore a Ndicka, non uno spillo dovrà transitare dalle parti di Okoye: si parte dall’1-1 e tale deve restare se proprio non sarà possibile tentare qualcosa dalle parti di Svilar. E identico atteggiamento va tenuto a Bologna nella trasferta di domenica, per poi attaccare il Napoli che l’Empoli ha fatto secco con un gol di Cerri portandosi provvisoriamente al sicuro. Lo stesso Empoli che salirà a Udine alla penultima di campionato in mezzo ad altre due sfide dirette, entrambe in trasferta, che attendono l’Udinese a Lecce e a Frosinone.
Maggio sarà il mese dei verdetti. Prepariamoci al peggio, mantenendo viva la fiammella della speranza che intervenga qualcosa a ribaltare il pessimismo. Ma prima di tutto sarà se stessa che l’Udinese dovrà ribaltare. A cominciare dall’allenatore. Nelle ultime ore un summit societario ha analizzato la situazione e non è esclusa la soluzione drastica di esonerare il tecnico (anche “zio” Reja tra i papabili a sostituirlo) o quanto meno di affiancarlo, e in questo caso potrebbe essere chiamato in causa anche Giampiero Pinzi.