C’è qualcosa di soprannaturale e nello stesso tempo di umanamente tragicomico in ciò che sta accadendo in questa stagione all’Udinese, la quale si è incanalata sul binario unidirezionale che porta in serie B. A meno che l’esorcista dell’ultima ora, addirittura il campione del mondo Fabio Cannavaro chiamato in tutta fretta al posto dell’esausto Gabriele Cioffi, non riesca a trovare la formula salvifica da calare nelle cinque tappe che mancano alla fine dei giochi. Prima delle quali domenica a Bologna, in casa della squadra più in forma del momento. A questo punto tutto indica che la questione si risolverà in un corpo a corpo con il Frosinone che ospiterà i bianconeri nell’ultima di campionato.

La difesa dell’Udinese schierata a zona su un calcio piazzato.

Il primo tentativo di giovedì sera, limitato ai 25 minuti (compreso il recupero) che restavano da giocare con la Roma dopo la sospensione per il malore di Ndicka, è andato malissimo lasciando di sasso Cannavaro, che sicuramente si aspettava altre risposte ai suoi due giorni di comando. Ancora una volta, all’ultimo respiro della partita (correva il 90+5), l’Udinese è crollata. E’ la sesta volta, e la terza consecutiva (Inter, Verona e appunto Roma), che il difetto cronico di questa squadra esplode in tutta la sua negatività.

Dybala non fa complimenti: ecco una sua entrata avventurosa su Kristensen.

La mancanza di abitudine a battersi per salvare la pelle, e la conseguente paura che attanaglia la squadra, zeppa di giocatori di scarsa (o nulla) personalità e di agonismo annacquato, sono i fattori decisivi. Dapprima la paura ha sbalestrato il piedaccio (per nulla portoghese) dell’isterico Ferreira che ha mandato in corner una palla agevole da controllare, e si è trattato dell’innesco scatenante del lussuoso bagaglio romanista sulle palle inattive. Quindi ha incredibilmente inchiodato a terra Walace e Lucca che hanno permesso a Cristante, gloria di Casarsa, di elevarsi in solitudine per l’incornata vincente sulla parabola di Dybala. Uno schema, roba provata e riprovata in allenamento.

Lucca conclude di sinistro: il tiro è insidioso, ma il portiere giallorosso riuscirà a deviare.

Come succedeva a Cioffi, anche Cannavaro ha sgranato gli occhi inorridito e incredulo. E avrà pensato a correttivi per l’immediato futuro. Schierarsi ancora a zona o privilegiare la marcatura a uomo sulle palle inattive? Nell’un caso e nell’altro bisognerebbe almeno saltare, o no? Non è quindi il particolare tecnico-tattico a fare la differenza, bensì l’atteggiamento, il modo di tenere la testa dentro la partita e ancora di più nei topici minuti finali. Considerazioni ovvie che tutti ripetono da mesi.

Ora scatta la missione Bologna. Sensazioni? Il pensiero va alla partita d’andata del 20 dicembre scorso, quella della prima vittoria casalinga dei bianconeri. Fu la partita perfetta, per ritmo, aggressività, condizione atletica e mentale; per sviluppo del risultato (un gol quasi subito, altri due all’inizio della ripresa). Il Bologna uscì schiantato da un’Udinese a trazione argentina mai più vista su quelle frequenze. Oggi manca la relativa tranquillità di allora a complicare il quadro di un impegno davvero problematico, al limite del proibitivo.

Cannavaro prova anche con il fischio alla Trapattoni. Purtroppo l’Udinese lo deluderà.

Fino a poche settimane fa si pensava che decisivi si sarebbero rivelati gli scontri diretti delle ultime tre partite, come dire che nel frattempo si poteva vivere di rendita sul cuscinetto di punti che separavano dalla zona rossa. Ebbene, non c’è più margine di sicurezza, eroso e bruciato da risultati che hanno portato fuori tiro Lecce, Cagliari, Verona ed Empoli. Vuol dire che non c’è domani, l’oggi diventa onnicomprensivo, cominciando appunto da Bologna.

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