Fiato alle trombe, mano ai tamburi… per chiamare alla grande adunata.
Il Friuli si mobilita, domenica tutti allo stadio per aggiungersi alla
squadra bianconera e assieme, creando un blocco unico, battere
l’Empoli e assicurarsi la permanenza in serie A per il trentesimo
campionato consecutivo.
Non saranno Inter o Juve da battere, ma il piccolo Empoli che però
diventa una montagna da spianare tanta grinta ci metterà per non
soccombere, oltretutto abituato a dare il meglio e di più proprio in
partite da dentro o fuori, sollecitato da un allenatore come Nicola
che ha il diavolo in corpo e il carisma del condottiero. Questa è una
di quelle, una finale. Anzi, per l’Udinese è la partita più importante
degli ultimi dieci anni perché mai prima avevamo smesso di respirare,
finiti sott’acqua da dove siamo appena riaffiorati grazie alla
vittoria di Lecce, la quinta della stagione e la prima con Fabio
Cannavaro in panchina.
Chi dobbiamo ringraziare stavolta? Lorenzo Lucca, ovviamente, che con
un movimento preciso ed essenziale si eleva di testa per schiacciare
nell’angolino il perfetto traversone di Payero. E poi Samardzic (alla
quinta rete stagionale) che con fulmineo ribattino raddoppia
scacciando antichi fantasmi di partite regalate sul filo di lana. E
ancora Davis, l’uomo dell’ultima mezz’ora, che fa girare i meccanismi
offensivi e crea opportunità e pericoli. Quanto era mancato un uomo
così nel resto della stagione!
Ma, se permettete, il ringraziamento più caloroso va al player
misterioso di nome LUNEDI’. Sissignori, perché il calendario
spezzatino ha mandato in campo l’Udinese già a conoscenza dei
risultati delle rivali (tutte sconfitte), e il Lecce con il bellissimo
regalo di essere già sicuro al cento per cento della salvezza
anticipata. Il principio della contemporaneità mandato in frantumi
stavolta è venuto in soccorso all’Udinese, diciamolo senza ipocrisie.
Il Lecce, sapendo che la salvezza era ancora da conquistare, mica
avrebbe giocato così, sotto ritmo, con l’ardore annacquato, con la
concentrazione ballerina. Nulla ha regalato, sia chiaro, ma il quadro
psicologico e agonistico non poteva essere lo stesso.
Fabio Cannavaro ha festeggiato il giusto, concedendosi sorrisi e
abbracci senza esagerare. Appunto: se il risultato di Lecce non sarà
bissato domenica, la storia si trascinerà nell’incertezza fino in
Ciociaria, fino all’ultima partita di Frosinone, con tutti i rischi
del caso.
Contro l’Empoli l’Udinese – e in questo siamo d’accordo con le
valutazioni di Paolino Poggi – dovrà alzare ancora il suo livello di
gioco e di attenzione rispetto alle sbavature, soprattutto nella fase
difensiva, che si sono notate a Lecce. I miglioramenti comunque sono
evidenti se soltanto si pensa che l’Udinese, anche a fronte degli 8
corner battuti dagli uomini di Gotti, non ha preso gol. Un vero evento
che non si registrava da ben 12 partite, da quella di Torino contro la
Juventus decisa dalla zampata sotto porta di Giannetti.
Ciò, ripetiamo, nonostante qualche corbelleria di Kristensen, le
timidezze di Okoye (ha perso sfrontatezza e tempi di uscita, oggi
resta inchiodato sulla linea di porta anche sulle traiettorie che
lambiscono l’area piccola), le chiusure non sempre puntuali degli
esterni.
Ma pur distante dalla perfezione l’impianto regge e la mentalità si
sta evolvendo verso una maggiore partecipazione all’azione offensiva.
Non c’è più un solo uomo davanti (Lucca), l’Udinese transita per i
trequartisti (la dimensione del rinato Success, l’habitat ideale di
Samardzic e Pereyra… ) e porta più uomini davanti privilegiando le vie
centrali. D’altronde, se la qualità ce l’hai da quelle parti, è da
quelle parti che devi passare. Giusto per ricordare: nelle tre partite
complete della gestione Cannavaro l’Udinese è sempre andata a segno,
con quattro gol all’attivo. Come dire che, se dietro si tiene botta,
in qualche modo la rete arriva e con essa si fa risultato.