Uno sforzo di immaginazione ribaltando la storia, riscrivendo il
penultimo capitolo. L’Udinese torna da Venezia con la vittoria che
aveva in pugno (non due, ma quattro gol poteva segnare… ) nei primi
scintillanti quaranta minuti. Sai che classifica, che entusiasmo!
Tutto rafforzato… convinzioni, spirito di squadra, voglia di stupire,
brama di gloria. Ebbene: se ciò fosse avvenuto, com’era
possibilissimo, l’Udinese non si sarebbe offerta alla Juve da agnello
sacrificale, lasciando per un tempo i sabaudi padroni del campo, del
gioco e dei ritmi della partita.
Un salto indietro clamoroso, figlio del tracollo in laguna, quello dei nostri bianconeri, ridiventati timidi e insicuri come ai tempi peggiori e perciò puniti anche dalla sfortuna (autogol del iellato Okoye) e dall’intraprendenza di un imberbe terzinuccio di nome Nicolò Savona.
Sconfitta chiama sconfitta, tanto più se non hai il tempo (tre giorni
tra le due partite) di lavare via le scorie, di resettare, rimotivare,
correggere. Qualcosa ha rettificato Runjaic rispetto a Venezia, ahinoi
in peggio, anzi costretto al peggio da defezioni plurime nel reparto
che per primo misura la saldezza di una squadra. La difesa. Deve avere
padrini potentissimi Kabasele per scoprirsi ancora titolare e ancora
protagonista di una recita raggelante e destabilizzante dell’intero
assetto. Ma se è vero che nella ripresa il redivivo Enzo Ebosse se l’è
cavata bene come subentrante, viene da chiedersi perché mister Kosta
non abbia pensato prima a lui anziché riproporre lo sciagurato
Kabasele, che non sa proprio difendere nonostante la lunga milizia
sotto varie bandiere.
Siamo stati facili profeti anticipando che, dovendo affrontare quella
difesa, la Juventus partiva almeno con un gol di vantaggio. Dall’altra
parte, per cogliere il risultato positivo, si sperava pure nelle
magagne della terza linea juventina, che aveva beccato sei gol nelle
ultime due partite e l’Udinese può vantare un potenziale offensivo di
tutto rispetto. Ma Davis e Thauvin, schierati all’inizio per affinità
tecnica e per alzare il tasso qualitativo, non hanno ricevuto
collaborazione e supporto finendo nell’impotenza.
Complice anche una minore aggressività della Juve votata più al
controllo, le cose sono andate meglio nella ripresa, quando i cambi e
lo spirito battagliero rispolverato hanno ricompattato l’Udinese
rendendo la manovra più fluida ed essenziale in fase offensiva. E
qualcosa di buono ha prodotto: un gol annullato a Davis per una
precedente “carezza” al ruvido Gatti, più una grandinata di traversoni
preda di Di Gregorio, che tuttavia resta immobile all’83’ mentre la
traversa rischia di spezzarsi su una capocciata di Lucca bravo ad
anticipare Kalulu su cross di Kamara. Fine delle trasmissioni.
Ora, mentre si profila all’orizzonte la temuta sagoma dell’Atalanta
che l’Udinese andrà a incrociare domenica prossima, è lecito chiedersi
cosa possa immaginarsi Runjaic per spezzare questa spirale negativa.
Sotto i riflettori resta la difesa, che dalla partenza di Perez ha
cominciato a fare acqua da tutte le parti. Sotto osservazione finisce
pure il portiere Okoye, ragazzo dalle mille qualità epperò un tantino
imborghesito, come placato se dicono la verità gli occhi privi della
scintilla del guerriero.
E allora? Non crediamo che l’allenatore riconvertirà il modulo
introducendo la difesa a quattro, piuttosto cercherà di valicare
questa fase limitando i danni col pensiero rivolto al recupero di
Kristensen, alla disponibilità di Tourè dopo la squalifica,
all’innesto dell’ultimo acquisto Omar Solet a gennaio.
L’Udinese dei 10 punti nelle prime quattro giornate rischia ora lo
zero nelle tre partite che precedono la sosta di novembre. E’ un
brutto momento e tutto – lo ripetiamo – è nato a Venezia da un
imperdonabile peccato di presunzione.