LA STAGNAZIONE DELL’INDUSTRIA RISPECCHIA LE DIFFICOLTÀ DI UN QUADRO COMPLESSO AGGRAVATO DALLA CRISI DI AUTOMOTIVE E GERMANIA,
MA OCCORRE GUARDARE AL 2025 CON SPERANZA
La stagnazione della nostra industria rispecchia le difficoltà di un quadro complesso, ora aggravato dalla pesante crisi dell’automotive e della Germania. L’attività produttiva del settore manifatturiero nel Triveneto conferma la fase di debolezza a fine 2024. Non si intravedono, peraltro, segnali di svolta. I costi delle materie prime permangono in crescita mentre la riduzione dei tassi Bce inizia a trasferirsi all’economia reale, anche se il quadro di incertezza riduce la domanda di prestiti. Eppure occorre essere speranzosi.
Le previsioni per il 2025 sono prevalentemente orientate al mantenimento dei livelli produttivi. L’assenza di un cambio di passo sulla domanda trova, infatti, conferma nelle previsioni, ancora poco confortanti, sugli ordini. Discorso analogo per gli investimenti che si confermano su livelli stabili se non in contrazione. E permane una forte attesa per le semplificazioni di Transizione 5.0 ancora non tradotte in provvedimenti.
Proprio adesso è, quindi, il momento di agire, con misure che diano il giusto impulso alla crescita e in particolare agli investimenti. Per questo la PA deve mandare alle imprese concreti segnali di attenzione per garantire competitività e futuro. Occorre investire in tecnologia, macchinari, formazione, welfare, assunzioni, contratti di produttività. L’Italia ha un ecosistema economico fragile, ma è un’economia importante.
Le esportazioni risultano in contrazione nel 2024 nel Nordest italiano. È una riduzione contenuta solo grazie al contributo positivo della cantieristica navale, al netto della quale la perdita sarebbe ben più elevata. Secondo l’Ires il Nord Est perde nel suo complesso l’1,8% nei primi nove mesi del 2024, con il solo Trentino Alto Adige che registra un incremento (+3,3%), mentre Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia hanno dinamiche negative.
Come accennato solo la cantieristica navale ha presentato una variazione particolarmente positiva, tanto in valore percentuale (+13,5%) che in valore assoluto (265 milioni in più, per un totale di vendite oltre confine pari a 2,2 miliardi tra gennaio e settembre) che ha contribuito ad attutire la flessione registrata dall’export nei primi tre trimestri, contenendone le perdite. Un discorso a parte andrebbe attuato, comunque, in proposito, rispetto ai contratti della manodopera utilizzata nel settore con l’esplosione del caso Monfalcone.
In merito alle destinazioni geografiche dell’export delle imprese regionali, Ires osserva che le flessioni in relazione ai principali Paesi partner commerciali riguardano Stati Uniti, Germania e Austria mentre si segnala una crescita dell’export nel Regno Unito, grazie, ancora una volta, al settore della cantieristica navale, e in Polonia, dovuto all’export di prodotti della metallurgia.
Nel 2025 i manager delle imprese private industriali chiedono di favorire l’attrazione degli investimenti dando stabilità e respiro allo sviluppo economico del territorio triveneto. Vi sono parecchi settori sulla cui crescita è del tutto opportuno puntare accanto al settore manifatturiero. Si pensi all’aerospazio, ma anche alla sanità medicale per citare solo due esempi senza scordare la necessaria capitalizzazione delle imprese e la decisa politica di taglio dei tassi di interesse da parte della Bce.
L’auspicio è che il 2025 si fondi e si basi su internazionalizzazione, cultura manageriale, operoso benessere e attenzione all’Uomo, ovvero al lavoratore. Utopia? No, questione di scelte, forse apocalittiche, ma pur sempre scelte fatte dagli Uomini ai differenti livelli di responsabilità, dal comune elettore sino ai presidenti delle potenze mondiali ai “big” che governano o forse più opportunamente “gestiscono” il mondo.
Daniele Damele
Presidente di Federmanager e Cida FVG