La paura di perderla, dopo il 2-0 iniziale e il 2-2 granata a metà
ripresa, è stata più forte della voglia di vincere. Concetto che
cristallizza una verità fastidiosa, dal retrogusto amaro. Questa
partita col Toro l’Udinese poteva vincerla dieci volte se consideriamo
che, a parere personale, le energie e le risorse non sono state spese
a regola d’arte, o almeno con la necessaria lucidità.
Con tutte le attenuanti del caso – e ci riferiamo ai problemi
intestinali che possono averlo condizionato – allestiamo un mini
processo a Herr Runjaic per le scelte iniziali e per la gestione
dell’ultimo terzo di partita, quello dei cambi. E da qui partiamo.
Ma la vuoi vincere la partita? Coi 23 punti che ti ritrovi in
classifica cos’è che ti impedisce un minimo di rischio per cercare il
bottino pieno e far felice il pubblico con un atteggiamento coraggioso
e arrembante? Se il ragionamento è corretto, non togli il capitano,
Thauvin, tra l’altro ancora tra i migliori, per immettere Sanchez. Il
cileno semmai andava aggiunto. Anzichè Thauvin, bastava rinunciare a
un difensore e organizzare la difesa a quattro, così da proporre una
squadra richiamata in avanti da una superiore propositività anziché
ripiegata a fare esclusivo argine contro un Toro ringalluzzito dai
regali e che sentiva l’odore del sangue. Magari non sarebbe successo
niente ma tentare di vincere era doveroso, tutti se l’aspettavano.
Dov’è finita allora l’idea di calcio propositivo che l’Udinese aveva
fatto ben fruttare nella parte iniziale del campionato?
E ci ha sorpreso, Runjaic, per le scelte degli uomini di difesa, anche
in questo caso condizionate dall’assenza di Kristensen, pure lui
colpito dal malefico virus. Dal pregresso, da dati di fatto
inoppugnabili, si è capito che Kabasele ha bisogno di prospettiva
totale per rendere al meglio, va bene da centrale non da esterno: su
quelle zolle perde riferimenti e misure, diventa caotico,
intempestivo, perennemente affannato. Tanto più se agisce in asse con
un altro che mastica in modo approssimativo la fase difensiva come
Ehizibue. Guarda caso i due che, scontrandosi in area con una foga da
principianti, hanno propiziato il primo gol granata di Adams.
Sciagurato replay di Ehizibue, con un rinvio di testa centrale nei
sedici metri, per il raddoppio del pari firmato da Ricci.
Accanto al lineare Bijol, a destra, avremmo visto molto meglio subito
Abankwah, il quale benissimo s’era espresso a Firenze, con forza e
disciplina.
Assolto il dovere di critica (sempre costruttiva, sia chiaro),
sbollita un po’ di rabbia, restano le cose belle di cui occuparsi. Il
gol di Tourè colpisce per la semplicità del gesto: sulla spizzata di
Bijol è stato reattivo a metterci il piedone con una istintività degna
di attaccante e comunque sorprendente per un omone di due metri e sei.
Tourè, così, diventa il dodicesimo tra i marcatori stagionali che
hanno prodotto le 23 reti fin qui realizzate dall’Udinese, un bottino
degno delle zone medio-alte di classifica non fosse che pesano anche
le 28 incassate, quest’ultime da squadra di basso rango.
Per la seconda partita consecutiva, dopo la splendida girata al volo
di Firenze, ha timbrato Lucca di testa su angolo millimetrico di
Thauvin. E i gol del centravanti salgono a 7, più che sufficienti per
immaginare una non lontana doppia cifra e pure per scatenare gli
appetiti di mercato. A questo proposito corrono le voci, tra cui
quella che vorrebbe l’Atalanta in prima fila a bussare alla porta
bianconera per avere il ragazzone di Moncalieri già a gennaio, dietro
versamento di una cifra fra i 30 e i 40 milioni. Avviso ai reggitori,
Gino Pozzo, Nani e company: se davvero lo vendete, aspettatevi la
rivoluzione.