Va male ragazzi. La constatazione è tanto più dolorosa per chi – come
il sottoscritto e per tanti altri – in questa Udinese aveva creduto,
convinto (i primi risultati l’avevano confermato) che fosse stata
costruita bene, con raziocinio, con gli uomini giusti al posto giusto,
al netto di correzioni da portare a lavori in corso, e soprattutto con
una mentalità nuova, coraggiosa e offensiva, affrancandosi dalle paure
che si era trascinata dietro la squadra della passata stagione.
“Questa è un’altra storia – avevano rassicurato i massimi dirigenti –
, stiamo costruendo qualcosa di nuovo”.
Dopo 22 partite e dopo la seconda sconfitta consecutiva (dolorosa
quella di Como, sanguinosa questa con la Roma) siamo qui a registrare
un pericoloso regresso. Cosa sta accadendo?
Succede che i difetti che il tempo doveva limare si sono incancreniti,
che giocatori attesi ad adattamenti e progressi, con l’unica eccezione
di Lucca (8 gol finora), sono addirittura peggiorati, rivelandosi
autentiche palle al piede. E non è casuale il riferimento allo
sciagurato Kabasele, il quale entra in campo (stavolta per sostituire
il povero Tourè) esibendo il cartello “errori in corso, passate di
qui”.
Non solo: chi doveva promuovere il salto di qualità non si sta
rivelando per ora all’altezza delle grandi attese e ci riferiamo a
Sanchez, incapace di incidere in questo contesto probabilmente
inadatto per lui. Gira al largo, cerca dialoghi impossibili, non ha
più lo spunto per farsi vaqlere in area.
A questo punto è finito il tempo del credito illimitato anche per
Kosta Runjaic, scelto per promuovere il cambio di mentalità e che
invece si sta rivelando un incallito conservatore. Nulla cambia,
modulo cristallizzato, intoccabile pure in presenza di evoluzioni che
richiederebbero un assetto diverso e visioni più propositive. Salvo
poi a risultato compromesso e in preda alla disperazione,buttare
dentro alla rinfusa, pescando persino Pafundi.
Ha perso sicurezze mister Kosta e lo si capisce anche da come cerca di
archiviare, di ricondurre l’andazzo alle normali dinamiche del calcio,
assolvendo tutti e rimandando per il riscatto alla prossima occasione.
Non bastasse la batosta di Como arrivata dopo nove giorni di lavoro
colpevolmente improduttivo, la partita con la Roma ha rivelato altro
di negativo: l’Udinese si muove in maniera monocorde, senza cambi di
passo, appare appesantita e lenta. Latita la brillantezza atletica,
come si fosse già a fine stagione. Che sia stato sbagliato qualcosa
anche sul fronte della preparazione e dei carichi di lavoro?
Fosse così, lo rivelerà sabato prossimo (ore 15) il Venezia nel
secondo appuntamento consecutivo allo stadio Friuli. L’unica certezza
è che la squadra di Di Francesco non avrà i santi in paradiso che
hanno assistito i giallorossi di Ranieri spinti a furor di popolo a
risalire la classifica e a caccia della vittoria esterna che mancava
da 9 mesi. Ma avete visto quanto tempo ci ha messo il Var a
convalidare la rete di Lucca? Più di quattro minuti passati a
esaminare ogni filo d’erba e ogni millimetro per scovare nell’azione
il difetto, il fallo, la posizione irregolare.
Oltre i limiti propri dell’Udinese di cui abbiamo parlato, lì abbiamo
cominciato a capire che sarebbe stata dura portare a casa il
risultato, meno che mai la vittoria. La Roma ha vinto realizzando due
rigori. Con i metri di misura attuali sacrosanto il primo, posto che
Kabasele si fa trovare a braccia larghe in marcatura su un pallone che
non aveva grandi destini. Mentre resiste un grosso punto interrogativo
sul secondo: l’impressione è che il portiere Sava in uscita tocchi la
sfera prima dei piedi di El Shaarawy lanciato in profondità e pronto,
da quel volpone che è, a ruzzolare per le terre. L’arbitro Sozza è
distante eppure fischia senza esitazione, come non aspettasse altro.
Sospetti e rabbia. Ma va anche detto che quel pallone senza pretese
lanciato in profondità andava sorvegliato meglio. In ogni caso un
concorso di colpa, come al solito.