Fosse finita in parità o peggio, saremmo ripiombati in storie già
viste di paure e di ribaltoni. Un risultato diverso dalla vittoria –
che per fortuna alla fine si è materializzata capovolgendo il verdetto
dell’andata a Venezia e issando l’Udinese alla sicurezza dei 29 punti
– ci avrebbe introdotto a una settimana d’inferno, con Runjaic
scaraventato nel giro d’aria.
Ma che colpe si sarebbero potute imputare stavolta a mister Kosta? Ha
schierato la squadra che tutti volevano, la squadra dei tre tenori con
la qualità di Thauvin e Sanchez a supporto di terminator Lucca, eppure
nel primo tempo a farsi preferire è stato il Venezia per ritmo,
velocità, tempestività sulle seconde palle, in generale per una
manovra corale apprezzabile, deficitaria soltanto negli ultimi 20
metri. Nei primi 45 minuti l’Udinese ha fatto un unico tiro in porta
con Ekkelenkamp. Quindi non si trattava di moduli o di alchimie
tattiche, piuttosto di atteggiamento, di timidezze incomprensibili, di
mancata assunzione di responsabilità da parte di chi questa squadra
dovrebbe trascinarla.
Il “fuoco” che Runjaic aveva invocato non s’era acceso. Le fiamme
bianconere si sono alzate invece subito nella ripresa, segno che nello
spogliatoio il tecnico si è fatto sentire: ci voleva una sferzata
psicologica e lui l’ha data, chiedendo aggressività e convinzione. E
nel giro di cinque minuti, dal 2’ al 7’, l’Udinese stava già avanti di
due reti, autori Lucca (nono centro stagionale) e Lovric (secondo).
Partita in frigo? Macchè, in questa Udinese c’è sempre qualcuno che fa
la cavolata o le cavolate, siano un rigore, un’autorete e fesserie
varie.
Poco più del doppio di tempo, tredici minuti, ci ha messo il Venezia
per pareggiare. Roba da sbiancare, da sputare bile a litri. Non c’era
Kabasele, stavolta, ci ha pensato il portiere Sava a sostituirlo nello
show degli orrori facendosi infilare dapprima da Nicolussi, che per
quanto bravo nei piazzati non sarebbe andato da nessuna parte
calciando da oltre 25 metri se appena il portiere fosse stato
concentrato, mentre è partito tardi e con poca spinta. E poi,
sull’ennesimo spiovente sotto porta, Sava è uscito male, fallendo il
rinvio di pugno nella mischia dalla quale è sgusciato vincitore il
danese Gytkjaer.
Che cosa c’entrava Runjaic con tutto ciò? Nulla, eppure sarebbe finito
lui sulla graticola. Ma siccome anche nel calcio talvolta l’ago della
bilancia va dalla parte giusta, ecco finalmente emergere la dote
invocata dal tecnico, il fuoco come intraprendenza e coraggio. Si è
accesa in un difensore, Oumar Solet, provvidenziale innesto invernale,
che si annoiava a far flanella dietro: viene su di potenza, raggiunge
l’area, fa fuori di tecnica tre birilli veneziani e porge indietro il
cioccolatino a Bravo, astuto a far filtrare il pallone decisivo che fa
riassaporare la vittoria casalinga dopo tre mesi (l’ultima del 25
ottobre: 2-0 al Cagliari).
Iker Bravo, ovvero il giovane spagnolo mandato in campo da Runjaic al
posto dello spento Alexis Sanchez, la delusione di giornata.
E così l’allenatore diventa genio, potrà godersi una settimana di pace
dall’alto dei 29 punti nel mare della tranquillità, in attesa di
incrociare domenica sera il Napoli in una partita in cui l’Udinese
avrà tutto da guadagnare. Se stavolta la squadra bianconera ha
assorbito in qualche modo il labile apporto dell’anziano asso cileno,
al Maradona non potrà permettersi una presenza impalpabile, che non
incide a livello tecnico e di personalità. Da come la vedo io,
difficilmente Sanchez troverà posto nell’undici di partenza, a meno
che l’orgoglio del campione, sollecitato da cotanto avversario, non
vinca la sfida contro l’età e motivazioni annacquate.