
Daniele Padelli, classe 1985, è un uomo positivo, sereno, addirittura
gioioso per come si pone, sempre sorridente e propositivo. A renderlo
così sono le consapevolezze di frequentare un ambiente privilegiato e
della fortuna che lo ha preservato da infortuni regalandogli una lunga
carriera; la stabilità di un amore friulano che dura da dieci anni; la
saggezza dell’esperienza unita allo spirito giovanile indispensabile
per diventare esempio e riferimento nello spogliatoio. E poi, laureato
com’è in Scienze motorie, la capacità di gestire un fisico statuario e
integro senza saltare un allenamento pur mancandogli da anni la
vetrina della prima squadra, una condizione accettata senza proteste e
polemiche.
Originario di Rogolo nella bassa Valtellina ma ormai friulano
d’adozione, Padelli sorride alla vita che ama e rispetta ed essa l’ha
ricambiato fino a regalargli una nuova occasione, inaspettata, a quasi
tre anni dall’ultima titolarità in campionato: ancora “portiere vero”
contro il Parma per le contemporanee assenze degli infortunati Okoye e
del sostituto Sava.
Dopo un primo tempo da spettatore, nella ripresa è balzato a deviare
in corner la botta di Man; nei minuti finali, quelli del massimo
sforzo dei ragazzi di Chivu per pareggiare, è stato millimetrico
nell’uscita sul lanciato Almqvist e poi perfettamente piazzato per
intercettare il colpo di testa di Pellegrino. Quello che si dice un
buon lavoro. E nessuno si è accorto dei suoi quasi 40 anni.
La vittoria sul Parma è anche di Padelli, da condividere con capitan
Thauvin autore su rigore della rete decisiva (e ne avrebbe segnata una
seconda molto bella, annullata per venti centimetri di fuorigioco di
Lucca che l’aveva servito). Dopo averne sbagliati due, piazzati con
finta e intercettati, il francese ha cambiato modo di tirare: botta
potente e buonanotte. Ora fanno sette reti, tre in meno di Lucca che
stavolta, dopo la scenata di Lecce, si è ben guardato
dall’intromettersi con le gerarchie, anzi stavolta è stato proprio lui
a consegnare al capitano il pallone da piazzare sul dischetto.
Due rigori nelle ultime due partite e due vittorie di misura. Prima
non accadeva, perché devi attaccare, devi portare uomini in area per
procacciarti le occasioni e anche i penalty. A questo punto verrebbe
voglia di benedire la fase nera, coincisa con le brutte sconfitte di
Como e con la Roma, che ha portato al cambio di modulo. Meglio tardi
che mai, Runjaic s’è deciso ad abbandonare l’ormai stantio e
improduttivo (a causa di esterni non degni di questo nome) 3-5-2, per
varare un sistema di gioco che valorizza tutte le forze migliori e le
potenzialità, in primis, di Atta ed Ekkelenkamp, centrocampisti
esterni con licenza di accentrarsi e creare densità nella manovra
offensiva. Oggi l’Udinese attacca con sette e anche otto uomini. E
nessuno si tira indietro o si nasconde, la palla non scotta, circola
veloce e spesso precisa disegnando trame mai banali.
Nelle ultime cinque partite, ripetendo un ciclo virtuoso riuscito a
Cannavaro nel finale dello scorso campionato (tre pareggi e due
vittorie), l’Udinese ha mancato il pieno soltanto per il sontuoso (per
equilibrio e intensità di gioco) pareggio di Napoli: 13 punti, media
di 2,5 a partita, con 9 gol fatti e solo 3 subiti, porta immacolata
nelle ultime tre gare. Numeri che parlano di una squadra in salute,
padrona dei propri mezzi, che la continuità di risultati rende sempre
più sicura e autorevole.
Con queste premesse l’Udinese scenderà lunedì prossimo all’Olimpico
per affrontare la Lazio che naviga a ridosso della zona Champions.
All’andata – era la seconda giornata – l’Udinese vinse 2-1, tornando
al successo in casa che mancava da otto mesi. Gigantesca la prova di
Thauvin, che fornì a Lucca l’assist del vantaggio e poi andò a
raddoppiare con un contropiede di 35 metri trascinandosi dietro tre
laziali arrancanti. Vinse l’Udinese nonostante mezz’ora in dieci per
l’espulsione di Kamara, situazione compensata dalla duttilità di
Ekkelenkamp. Allora scoprimmo di che pasta è fatto questo ragazzone
olandese. Una buona Udinese, allora, chiamata a ripetersi perché
l’Udinese di oggi appare ancora più bella e concreta.