
Cominciasse oggi il campionato, nessuno si azzarderebbe a escludere
l’Udinese dal lotto delle pretendenti all’ Europa, senza porre limiti:
diciamo da un piazzamento Champions (per la quale concorre la stessa
Lazio in lizza con Juventus e Bologna a caccia del quarto gradino
utile) in giù, sesto-settimo posto e dintorni.
E’ lontana dodici anni (stagione 2012-2013) l’ultima Udinese dei sogni
alla quale l’Udinese di oggi si ispira. Era l’Udinese guidata da
Francesco Guidolin, di Danilo e Domizzi, di Allan e Roberto Pereyra,
di Totò Di Natale e Muriel, e pure di Maicosuel, la quale chiuse il
campionato al quinto posto con 63 punti. Bottino ragguardevole
impreziosito da un record storico per i colori bianconeri: sette
vittorie consecutive nelle ultime sette partite. Ebbene, sapete quanti
punti aveva l’Udinese in quel campionato alla nona di ritorno? Sommava
41 punti, uno in più dell’Udinese di Kosta Runjaic alla stessa
scadenza.
Come dire che di questo passo ne vedremo ancora delle belle se è vero
che la squadra bianconera, con l’1-1 colto all’Olimpico contro la
Lazio, ha inanellato il sesto risultato utile consecutivo, incamerando
14 dei 18 punti disponibili, a sancire una solidità e una continuità
di rendimento che la pongono tra le squadre più in forma del momento.
Arrivare dove? Il bravo Padelli, in una recente dichiarazione, ha
parlato di un obiettivo che la squadra si è posta, senza però svelarne
i contenuti. A mio parere, non si tratta di punti o piazzamento,
piuttosto il patto di spogliatoio riguarda un imperativo da rinnovare
partita dopo partita: arrivare alla fine del campionato senza subire
sconfitte, imbattuti. E vedere l’effetto che fa. Beh, un modo
intelligente di mantenersi vispi e motivati una volta scavalcato
comodamente il primo gradino, quello della salvezza sicura.
L’obiettivo è perseguibile? Ciò che si è visto lunedì sera
all’Olimpico autorizza a dare credibilità all’Udinese. La squadra ha
trovato una notevole solidità morale-tecnica- atletica, ed è ben
guidata. Runjaic non è più il carneade piombato nel paese dei
balocchi; si sta rivelando tecnico concreto e avveduto. Si potrà
eccepire che ci ha messo del tempo a mettere a fuoco le potenzialità
di tutti i giocatori a disposizione. Ci è arrivato con calma, passo
dopo passo, fino al varo del nuovo modulo (il 4-4-2) che ha portato
alla ribalta interpreti fino a quel momento non del tutto svelati, e
ci riferiamo a Ekkelenkamp e Atta, oltretutto impiegati da “esterni
anomali” con licenza di occupare spazi di inserimento e supporto nella
zona centrale.
Ed era probabilmente un’Udinese schierata col 4-4-2 che Marco Baroni
si aspettava per la sua Lazio. Runjaic, invece, è andato oltre
tornando all’antico del 3-5-2 con due obiettivi: la superiorità nella
zona mediana (e si è vista, con pronti recuperi in pressing e lunghi
possessi) e lo scudo esterno rafforzato con interpreti di gamba da
opporre alla manovra avvolgente dei biancocelesti.
L’operazione quasi riusciva col massimo profitto perché la rete del
pareggio di Romagnoli, arrivata dieci minuti dopo il vantaggio
bianconero sull’asse Lucca-Thauvin (ottavo gol del capitano), è stata
baciata da molta casualità e fortuna: la leggerezza di Kristensen, la
disattenzione di Ehizibue, il tacco di Bijol svelato dal Var che ha
tenuto in gioco il marcatore. Come dire che non è fuori dal seminato
chi ha visto una platonica vittoria ai punti dei bianconeri.
Sabato si torna in campo con il motore ben caldo. Al Friuli arriva il
Verona di Zanetti, che nell’ultimo turno non ha retto al Bentegodi
l’urto del Bologna. Verrà a Udine per resistere e tentare di colpire
di rimessa. Non è una squadra di pellegrini, se affrontato con
sufficienza il Verona può rivelarsi pericoloso. Contro siffatto
avversario, ben inquadrato ma privo di specifici punti di forza, penso
che Runjaic tornerà a proporre il 4-4-2, così da avere un superiore
impatto offensivo. Se vediamo bene, il settimo risultato utile
consecutivo ammicca dietro l’angolo.

