
SPECIE NEL SETTORE MANIFATTURIERO
Chi osserva, anche solo distrattamente, i mercati finanziari nelle ultime settimane ha inevitabilmente notato che si sono alzati i livelli di volatilità specie per i rendimenti azionari e obbligazionari e i tassi di cambio. Il taglio dei tassi della BCE, gli annunci su tariffe e dazi del presidente Usa Trump e quelli del futuro cancelliere tedesco Merz sul fisco, le scelte europee sul riarmo, le trattative in atto per auspicabilmente superare le guerre, le tregue fallite hanno provocato evidenti reazioni.
Definire sorprendente, poi, l’annuncio del piano di indebitamento della Germania per investimenti nelle infrastrutture e negli armamenti che si somma a quello approvato dalla Commissione UE di 800 miliardi forse non rende appieno. Ma così è.
Com’è noto la BCE ha deciso il taglio dei tassi e ciò ha contenuto un possibile ulteriore innalzamento del livello di volatilità. L’annuncio di Merz ha determinato, invece, una decisa spinta ai rendimenti del Bund spingendo, inoltre, al rialzo l’euro per effetto della caduta verticale dello spread.
Dal canto suo Trump punta, intanto, attraverso il crollo delle borse, a creare un clima di avversione al rischio e ricalibrare la forza del dollaro. I consiglieri di Trump hanno dichiarato che “la sopravvalutazione del dollaro statunitense è responsabile del malcontento economico negli USA”. È del tutto evidente che l’idea americana sarebbe quella di risolvere gli squilibri interni agli States, quindi, con una svalutazione del dollaro.
La guerra sui dazi, gli interventi sui cambi e sui mercati provocano alterazioni delle relazioni commerciali e politiche tali da determinare pesanti ricadute su tutti. Trump ha l’evidente necessità di dover riequilibrare i deficit commerciali e l’indebitamento governativo, ma anzichè optare per delle scorciatoie dovrebbe privilegiare la diplomazia per rimodulare la bilancia commerciale nel rispetto delle regole. Ovvio che anche gli interlocutori degli Usa dovrebbero avere la medesima apertura al dialogo. Le guerre commerciali acutizzano le divergenze mentre le soluzioni praticabili per giungere al compromesso rimangono sempre le più adeguate.
Ricordiamo che le speculazioni portano sempre a rischi. Meglio è operare con arbitrio, giudizio ed equilibrio sui mercati. Se si volesse allineare il rialzo dell’euro sul dollaro e alla volontà americana di svalutare la propria moneta dovremmo considerare il movimento di riallineamento in termine trasversale ai diversi rapporti di cambio. Probabilmente oggi il dollaro nei confronti dell’euro quota un apprezzamento rispetto ai valori di emissione della divisa europea pari al 12%. Ma il dato si riferisce ad un differenziale maturato negli ultimi 25 anni mentre se guardiamo all’andamento degli ultimi 3 anni l’euro appare in sostanziale equilibrio.
Uno dei dati più emblematici della debolezza economica europea è il deflusso annuo di risparmi dall’UE che ha raggiunto i 500 miliardi di euro nel 2024. Questo capitale non trova nell’economia europea un rendimento adeguato.
È del tutto evidente che la soluzione più soddisfacente per l’Europa è quella di favorire investimenti certi e garantiti nell’economia reale specie nel settore manifatturiero preferendoli ad altre scelte. Ciò all’insegna della cultura della managerialità al fine di favorire l’occupazione degli europei nelle proprie terre con contratti idonei e soddisfacenti. Ciò determinerebbe un generale operoso benessere nella speranza che le guerre lascino il posto a situazioni pacifiche di convivenza.
Vi è la necessità di rafforzare la competitività europea affrontando la sfida della modernizzazione e dell’innovazione con riforme strutturali per garantire benessere, prosperità e sicurezza.
Daniele Damele
Presidente Federmanager FVG
e Segretario CIDA FVG