
Del diverso livello tecnico si sapeva. Ma non al punto da giustificare
il tremebondo primo tempo che l’Udinese ha disputato a San Siro, dove
l’Inter ha letteralmente travolto la squadra di Runjaic, segnando due
reti facili facili sfruttando la corsia sinistra di Dimarco,
imprendibile per la verticale Ehizibue-Kristensen.
Cosa abbia causato tanta arrendevolezza ci pare di poterlo spiegare
con due parole: paura e inesperienza. Lo stesso timore che coglieva i
bianconeri nella passata stagione e responsabile di tante prove a
metà, com’è stata questa contro la capolista. Gioventù e mancanza
d’abitudine a duelli con avversari di superiore personalità vanno
messe nel conto per spiegare i pessimi primi 45 minuti dei bianconeri,
senza che Runjaic, davanti all’appiattimento dei suoi, riuscisse a
richiamare la squadra in avanti, invitandola a compattarsi a supporto
del povero Lucca. Questione anche di gamba – va detto – perché sia
Lovric sia Karlstrom, reduci dagli impegni internazionali, agivano con
una marcia sola, una marcia troppo bassa, cosicché gran parte del peso
in mediana è ricaduto sulle spalle di Atta, fra l’altro alle prese con
lo sprintoso Frattesi.
Qualcosa, dunque, ci sarebbe da dire sulle scelte iniziali di
formazione, che hanno partorito una compilation conservativa con
Ekkelenkamp (duttile finché si vuole, ma sempre un centrocampista) a
supporto della punta, e sul modo di stare in campo con un pressing
alto e talvolta poco convinto che il giro palla nerazzurro ha
bellamente aggirato, per poi far scattare transizioni che hanno segato
le frastagliate linee difensive bianconere.
Considerazione a margine: seconda partita senza capitan Thauvin e
seconda sconfitta, dal modesto Verona all’Inter il prodotto non cambia
se vengono a mancare la creatività e la personalità del capitano,
sperabilmente recuperabile per la partita di venerdì sera a Genova
contro il Grifone
Prendete l’Udinese del primo tempo e ribaltatela e avrete la squadra
che nella ripresa ha progressivamente ripreso colore, crescendo in
freschezza e convinzione. La scossa psicologica nelle parole di
Runjaic all’intervallo e i cambi (Iker Bravo, Zarraga, Payero e poi
Modesto e Pafundi bravo a scodellare calci franchi col suo ottimo
sinistro) hanno prodotto un’Udinese più vera e credibile se non altro
a livello dinamico. Così ha limato il gap nei confronti di un’Inter
che è scesa di intensità, senza che le mosse di Inzaghi soltanto la
avvicinassero ai livelli del primo tempo. Se l’è vista brutta il
tecnico dei campioni, fino a spendere il rosso personale per cercare
di rimettere in riga i suoi.
La vittoria sicura dei nerazzurri è tornata in discussione a metà
ripresa grazie a un’iniziativa meravigliosa di Solet: cosa state a
cincischiare titic e titoc, vi mostro io come si fa! Progressione
potente, due dribbling riusciti, bordata da fuori a fil di palo. Non è
un caso: è bravo di suo ed è il solo che nel bagaglio possieda
esperienze europee ad alto livello. E’ stato il suo biglietto da
visita presentato a Marotta e dirigenza interista: se cercate il
sostituto dell’ormai trentasettenne Acerbi, eccomi qua, andate sul
sicuro! E una trentina di milioncini entreranno nelle casse pozziane
per un altro giro di investimenti e per un’altra Udinese da costruire.
Si mette in vetrina Solet, lascia capire di essere giunto al capolinea
dell’esperienza friulana pure Bijol. Che si profili un doppio colpo
dell’Inter per rifare la difesa?
Davvero portentoso il gol di Solet, che nel recupero è andato
addirittura a cercarsi la rete del pareggio, negato dal super reattivo
Sommer, che poco prima era schizzato a neutralizzare la capocciata
vincente di Lucca a caccia dell’undicesimo bersaglio personale. Sì, la
vittoria nerazzurra e la conferma dei tre punti di vantaggio sul
Napoli nella corsa scudetto portano la firma del portiere svizzero.
Per contro, il nostro Okoye va ancora attrezzato (o recuperato) per
certi miracoli. Alla fine resiste forte la sensazione che su almeno
uno dei gol interisti qualcosa di meglio potesse fare.

