Contestualmente alla manifestazione promossa da Cida nazionale, “Siamo tutti lavoratori – Difendere le pensioni e riportare equità”, svoltasi a Milano, Federmanager FVG, con il patrocinio di Cida FVG, ha organizzato a Trieste l’interessante “Convegno nazionale sulla previdenza”, per contribuire a dare massima risonanza alla protesta in atto volta a promuovere la giustizia previdenziale e tutelare il potere d’acquisto delle pensioni.
L’evento ha messo a confronto in un seguito dibattito, moderato da Daniele Damele, Presidente Federmanager FVG e segretario Cida FVG: il sen. Claudio Durigon, Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, intervenuto da remoto, l’on. Walter Rizzetto, Presidente XI Commissione Lavoro pubblico e privato Camera dei deputati, Mario Cardoni, Direttore Generale di Federmanager nazionale, Giuseppe Straniero, Presidente Previndai, e Rita Comandini, esperta previdenziale e già Responsabile Fondi speciali INPS.
Argomenti scottanti che toccano da vicino il futuro del nostro Paese: dal panorama delle riforme pensionistiche all’interno della manovra di bilancio del 2024, agli interventi da parte del Governo per giungere finalmente alla separazione dei costi della previdenza da quelli dell’assistenza; dalle possibilità offerte dalla perequazione e dalla previdenza complementare, alle azioni consigliate per il riscatto laurea e altre forme utili per pensare alle pensioni dei giovani e del domani.
In apertura Cardoni, ha espresso la propria vicinanza e disagio rispetto ai colleghi in quiescenza. “Non c’è legge di Bilancio in cui il tema delle pensioni non torni in auge, con provvedimenti spesso reiterati. Credo che dovremmo ragionare in termini di previdenza sociale con una formula basata su delle norme solide che garantiscano il benessere dei cittadini, attraverso un ragionamento pieno e ben definito affinché i giovani possano continuare a credere in un modello di welfare. La metà delle nostre pensioni sono totalmente o parzialmente sostenute con un aumento esponenziale della spesa assistenziale a discapito dei contribuenti, verso i quali non c’è più rispetto. Il vero problema è che tutte le misure vengono prese sulla base dei redditi dichiarati, e qui entra in gioco l’importante tema dell’evasione fiscale che, inevitabilmente, solleva la questione dell’equità sociale. Ora noi ci chiediamo, qual è il modello di sviluppo economico e sociale di questo Governo? Ci vuole una visione nuova – ha concluso Cardoni – e noi siamo disponibili a giocare il nostro ruolo, lì dove ci sia una riforma strutturale e con una giusta misura che sostenga il sistema previdenziale”.
Straniero, ha illustrato l’importanza della previdenza complementare quale pensione integrativa, che si affiancherà quella dell’Inps nel momento del pensionamento, la quale non solo funziona come sistema di capitalizzazione per chi versa i contributi, ma anche, attraverso gli investimenti dei fondi pensione, contribuisce ad alimentare un vero sistema di welfare allargato. “Di fatto Previndai è il primo fondo pensione italiano per patrimonio, con 14 miliardi e oltre 86 mila dirigenti iscritti. Il nostro punto di forza di risiede nell’esperienza di gestire l’intero ciclo della previdenza complementare, dall’iscrizione all’erogazione delle rendite, attraverso l’analisi dei costi, possibilità di investimento studiate ad hoc, ed un’informazione continua. A questo proposito a breve sarà in circolazione una App facilmente utilizzabile, che permetterà a tutti gli iscritti di verificare giorno per giorno la propria posizione”.
Comandini, ha posto l’accento sulla mancanza, a livello generale, di una cultura previdenziale. “Ormai la previdenza è diventata come un abito sartoriale. Ogni posizione è un caso a sé stante. Purtroppo, non siamo mai riusciti ad arrivare ad una omogeneizzazione della previdenza. Ora, al di la dei tecnicismi, il problema risiede anche nel fatto che le persone non hanno l’abitudine di controllare la propria posizione assicurativa, se non al momento del pensionamento. Invito, quindi, tutti a farlo prima, in modo da poter capire in tempo cosa si può lasciar andare e cosa si può ancora recuperare. Per quanto, invece, riguarda il tema del riscatto laurea, suggerisco, visto che stiamo passando da un sistema retributivo ad uno contributivo, di pensare piuttosto di investire quei soldi nella previdenza complementare, perché il riscatto contributivo toglie poi per sempre la possibilità di andare in pensione a 64 anni”.
Il sen. Durigon non solo ha confermato la necessità di una separazione dei costi della previdenza da quelli dell’assistenza per poter arrivare ad una giusta formulazione della riforma delle pensioni, ma ha anche definito la previdenza complementare “il pilastro fondamentale, considerando che andremo via via verso pensioni sempre più basse. Qual è in tal senso il nostro obiettivo quindi? Dare forza a questa misura facendo in modo che tutti vadano verso questa direzione. Una soluzione che genererà più reddito per il nostro futuro. Come farlo? Dare una premialità a chi usufruirà di questa previdenza come reddito. Per il momento continueremo con le riforme delle pensioni messe in atto lo scorso anno, tra queste la quota 103 sarà rinnovata, ma stiamo valutando per le donne la quota 84, per cercare di arrivare ad una formula completa nel bilancio 2024”.
In conclusione, l’on. Rizzetto ha espresso delle perplessità nei confronti del passaggio al sistema contributivo, preoccupazioni che riguardano soprattutto i giovani. “Questo sistema, se in alcuni ambiti potrà andar bene, temo che in altri potrà avere delle gravi ripercussioni. Pensate ai giovani tra i 25 e i 35 anni che, in questo momento storico, fanno molta fatica a versare in termini continuativi i contributi dati i cambiamenti nel mondo del lavoro in relazione alle assunzioni. È molto probabile che fra 30 anni ci si trovi di fronte ad un’altra categoria di esodati. Abbiamo visto che una politica meramente assistenziale non può funzionare. Dovremo quindi agevolare in tutti i modi le persone abili al lavoro, per poter supportare le inabili. Questo Governo ha già messo in atto dei cambi di rotta incisivi per quanto concerne il mercato del lavoro. Tuttavia, il vero pericolo per il nostro Paese è il debito, non lo spread, e se non riusciremo nelle prossime leggi di stabilità ad avere un debito buono, avremo sbagliato qualcosa”.