Antonio Latella firma la nuova regia de La locandiera: Sonia Bergamasco è Mirandolina

Mercoledì 29 novembre alle 17.30 la Compagnia dello spettacolo incontra il pubblico a “Casa Teatro”. Conduce Elena Commessatti, scrittrice e giornalista 

Udine, 23 novembre 2023 – Pluripremiato protagonista della scena teatrale contemporanea, Antonio Latella firma la regia di una delle commedie più famose e apprezzate di Carlo Goldoni, La locandiera, in programma al Teatro Nuovo Giovanni da Udine dal 28 al 30 novembre 2023. Il ruolo di Mirandolina è affidato a Sonia Bergamasco, affiancata sulle scene da Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo, Valentino Villa. Di questa nuova produzione del Teatro Stabile dell’Umbria firmano le scene Annelisa Zaccheria, i costumi Graziella Pepe, le musiche e il suono Franco Visioli. Dramaturg Linda Dalisi, assistente alla regia Marco Corsucci, assistente alla regia volontario Giammarco Pignatiello.

Mercoledì 29 novembre alle 17.30 la Compagnia dello spettacolo incontrerà il pubblico in un nuovo appuntamento di Casa Teatro dal titolo “La prima donna”. Conduce Elena Commessatti, scrittrice e giornalista. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.

La locandiera di Carlo Goldoni fece il suo esordio al Teatro Sant’Angelo di Venezia in occasione del Carnevale del 1753 e per le sue caratteristiche, in particolare per lo spessore psicologico che il commediografo veneziano seppe donare alla protagonista, rappresenta un vero e proprio testo spartiacque nella storia della rappresentazione femminile a teatro. Mirandolina è infatti un personaggio a tutto tondo che qui ha perso i tratti stereotipati tipici della Colombina della Commedia dell’Arte per sbocciare finalmente in tutta la sua felice complessità. “Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità – spiega Antonio Latella nelle note di regia -. Innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia”.

Divertente, arguta e tuttavia non sprovvista di un sottofondo dolceamaro, La locandiera ha conosciuto nel tempo – e continua ancor oggi ad incontrare – una fortuna immensa in ogni angolo del mondo. La vicenda ci porta a Firenze, dove Mirandolina gestisce la locanda ereditata dal padre insieme al fedele Fabrizio. Tre nobili si contendono le sue attenzioni, ma la locandiera Mirandolina riesce con intelligenza e superiorità ad arginarne i corteggiamenti, prendendosi di tanto in tanto la libertà – quando i limiti della convenienza lo consentono – di ricavarne anche qualche piccolo dono. Utilizzando con intelligenza le arti della seduzione ma soprattutto l’astuzia e la ragione, la concreta e saggia Mirandolina saprà tenere a bada i tre aristocratici pretendenti preferendogli, di fatto, un altro partito. Per essere Mirandolina bisogna essere capaci di mettersi al servizio dell’opera, ma anche non fare del proprio essere femminile una figura scontata e terribilmente civettuola, cosa che spesso abbiamo visto sui nostri palcoscenici – sottolinea Antonio Latella nelle note di regia – .  Spesso noi registi abbiamo sminuito il lavoro artistico culturale che il grande Goldoni ha fatto con questa opera, la abbiamo ridimensionata, cadendo nell’ovvio e riportando il femminile a ciò che gli uomini vogliono vedere: il gioco della seduzione. Goldoni, invece, ha fatto con questo suo testamento, una grande operazione civile e culturale. Siamo davanti a un manifesto teatrale che dà inizio al teatro contemporaneo, mentre per una assurda cecità noi teatranti lo abbiamo banalizzato e reso innocente. La nostra mediocrità non è mai stata all’altezza dell’opera di Goldoni e, molto probabilmente, non lo sarò nemmeno io. Spero, però, di rendere omaggio a un maestro che proprio con Goldoni ha saputo riscrivere parte della storia teatrale italiana: parlo di Massimo Castri.”

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