Alla fine l’hanno capita, con colpevole ritardo di mesi, che Gabriele Cioffi non era all’altezza della missione-salvezza che, a questo punto, anche per un allenatore scafato (e Fabio Cannavaro, il prescelto per sostituirlo, non lo è ancora) presenta le difficoltà di un sesto grado superiore. Si è atteso che la situazione precipitasse, complice la confusionaria gestione della ripresa e soprattutto del finale di partita a Verona, anziché prevenirla con la dovuta lucidità di analisi, come abbiamo più volte sollecitato nei commenti settimanali di questa rubrica.

I Pozzo e i loro consiglieri non hanno visto o, meglio, hanno fatto finta di non vedere ciò che tutti vedevano, cioè i limiti dell’organico e quelli dello stesso Cioffi, privo di mezzi ed esperienze per razionalizzare il poco che aveva a disposizione complici, com’è noto, anche i ripetuti e gravi infortuni, ultimi quelli dei titolari Thauvin e Lovric. Bravo, Cioffi, nel predisporre il piano delle partite (l’Udinese in partenza ne ha sbagliate poche), in difficoltà invece nelle letture a lavori in corso, quando doveva pescare dal bagaglio personale e cavare soluzioni immediate al variare delle situazioni sul campo.

Non voleva spendere, la società, per il terzo allenatore della stagione (si era cominciato con Andrea Sottil, esonerato dopo nove partite), né sconfessare se stessa per l’avventuroso assemblaggio di una rosa mal assortita e priva di un filo conduttore morale e tecnico. Un atto di presunzione di cui oggi si prende atto nella speranza che esista margine per rimediare e tappare la falla che rischia di inabissare l’Udinese in B dopo 29 stagioni ininterrotte nella massima serie.

L’ avvicendamento che doveva essere fatto per lo meno un mese fa (dopo la sconcertante partita interna persa col Torino e approfittando della sosta azzurra), quindi con una proiezione di nove partite in cui assestare gioco e rapporti, avviene ora, con l’acqua alla gola e il tempo che stringe.

Condivisibile l’idea iniziale di affidare la supervisione tecnica al comandante di lungo corso Edi Reja, con Giampiero Pinzi uomo di campo; altrettanto comprensibile la decisione finale del tecnico di Lucinico di declinare sia pure a malincuore l’invito perché a 78 anni la vita esige altre priorità.

Così i Pozzo hanno virato verso Fabio Cannavaro, un personaggio dal passato prestigioso: tra l’altro campione del mondo da capitano nella Nazionale di Lippi e Pallone d’oro nel 2006. In 35 giorni di panchina e sei partite e mezza lega credibilità e futuro personali alle sorti della Zebretta friulana.

Un nome di grande impatto, dunque, anche se a mio modesto parere la mossa lascia un vago sapore di azzardo, come di decisione presa giusto per fare qualcosa perché qualcosa andava fatto. Azzardo anche per lo stesso Cannavaro (contratto fino al 30 giugno prossimo; porta con sé il fratello Paolo e il collaboratore tecnico Troise, ai quali si aggiungerà Pinzi) che a questa insidiosa esperienza in Friuli affida il rilancio di una carriera spesa più all’estero (Cina e Arabia Saudita) che in Italia, dove nel 2022 vanta un’unica parentesi a Benevento, in serie B, con annesso esonero.

Qualunque siano le perplessità personali, legate a distanze tecniche e culturali, sono d’obbligo gli auguri più sinceri per un lavoro che comincerà subito incalzante con l’appendice di Udinese-Roma di giovedì prossimo e quindi con la trasferta di domenica a Bologna.

Magari succederà che da due azzardi nasca una certezza. Quella di vedere l’Udinese ancora in serie A.

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