Daniele Damele

Le incertezze sulle decisioni della Banca centrale europea in merito a un ulteriore e più marcato calo dei tassi di interesse, le tensioni geopolitiche in Europa, Medio Oriente e in altri luoghi, il ritardo accumulato nell’emanare il decreto statale attuativo del credito di imposta Transizione 5.0 non aiutano certo gli investimenti delle imprese private industriali sulle quali occorre, invece, puntare anche alla luce del fatto che più di una su quattro prevede un calo rispetto al 2023.

Detto dato previsionale emerge da un recente focus degli imprenditori di Confindustria Veneto Est realizzato dall’associazione degli industriali in collaborazione con Fondazione Nord Est, tra aprile e maggio 2024 su un campione di 806 imprese.

È del tutto evidente che imprenditori e manager chiedono a gran voce di emanare quanto prima il decreto attuativo del credito di imposta Transizione 5.0, annunciato da tempo, al fine di permettere un suo utilizzo già dal mese corrente tanto più che l’attuale orizzonte temporale di dette misure è limitato al 31 dicembre 2025.

Sono in ballo 6,3 miliardi del PNRR nei tempi previsti in grado di permettere alle aziende di finalizzare gli investimenti in tecnologia e competenze per la digitalizzazione e il risparmio energetico.

Occorre favorire gli investimenti rispetto ai livelli degli anni precedenti. Innovazione, managerialità e capitale umano rappresentano le basi per gli investimenti.

Occorre puntare alla formazione continua e costante per aggiornare e sviluppare nuove competenze nelle aziende a seconda di quanto necessita.

Per questo i manager devono essere in grado di garantire “vision” futura così da far trovare pronte alle sfide del domani le imprese industriali, siano esse sfide legate all’internazionalizzazione sia allo stare sul mercato in un mondo che cambia repentinamente spesso secondo logiche non chiare e non certamente ancorate ai valori dell’Umanesimo e dello sviluppo comune per un operoso benessere generale. 

Ascoltare le varie esigenze, interrogarsi con umiltà, confrontarsi e proporre idee nuove possono e devono essere alla base di un rilancio sociale ed economico.

Scegliere persone non ideali per ruoli apicali determinanti può divenire un autogol irreparabile che ci mette fuori dalla competizione come, purtroppo, avvenuto recentemente agli europei di calcio con un Italia alla quale è mancata questa visione.

Gli investimenti vanno attuati in tecnologie e reti informatiche, welfare aziendale (anche attraverso un rinnovo di livello del CCNL per la dirigenza industriale), in impianti e macchinari.

Dal punto di vista finanziario i tassi ancora alti e le condizioni di finanziamento restrittive, non possono far altro che indurre le imprese a ridurre la domanda di credito bancario per gli investimenti.

Il nuovo Parlamento europeo, la nuova (è nuova?) governance europea si adoperi per ovviare a questo impasse del tutto controproducente.

La quota maggioritaria, concentrata nelle imprese medio-grandi, ha fatto maggior ricorso all’autofinanziamento, compensando la minore leva con le scorte di liquidità, per non richiedere nuovi finanziamenti a costi più elevati.

Gli imprenditori continuino a investire oggi perché è necessario giungere a un riposizionamento tecnologico, digitale e geografico ritagliandosi così importanti vantaggi competitivi.

Ovviamente per agevolare tutto ciò va superata la fase attuale d’incertezza che tocca il costo dell’energia su cui pesano anche evidenti speculazioni.

La domanda che tutti si pongono è: perché l’Italia paga 86 euro a MWH, la Spagna 14 e la Francia 28? Ma anche: a che punto è il percorso verso l’indipendenza energetica?

È possibile pensare a un futuro che preveda anche il nucleare pulito?

È possibile raggiungere gli obiettivi ambientali, quelli “green”, garantendo allo stesso tempo il futuro dell’industria europea ricordandoci che senza quest’ultima a saltare a cascata sono in molti, settore pubblico compreso, che, com’è noto, vive sulla base delle tasse corrisposte dal privato? 

Daniele Damele

Daniele Damele
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