Le infinite vie del gol. Le due reti che permettono all’Udinese di
sbancare Monza e di tornare alla vittoria dopo 45 giorni (dal 2-0 al
Cagliari) e cinque partite col minimo sostentamento del punto di
Empoli, sono di natura opposta, meravigliosamente diverse.
Classica quella di Lucca, come al solito letale quando gli recapitano
palloni dalle fasce (stavolta il cross è stato di Zemura) sui quali
far valere stazza e istinto da bomber vero e in proiezione senza
limiti: è la quinta marcatura stagionale del ventiquattrenne ragazzone
di Moncalieri, che nell’occasione ha sciorinato una delle migliori
prestazioni in maglia bianconera e soltanto per centimetri (di
fuorigioco) non ha potuto festeggiare con la doppietta. Però che bomba
quel destro fulminante! Il tutto rubando tempo a centimetri a un
difensore di lungo corso come Pablo Marì, non uno qualsiasi.
Dopo il momentaneo pareggio di Kyriakopoulos a inizio ripresa quando
l’Udinese era passata da un 4-4-2 ibrido alla difesa a tre con
l’ingresso di Kristensen (in verità piuttosto approssimativo e
colpevole in quelle fasi), la rete decisiva del raddoppio friulano è
stata qualcosa di veramente raro. Il difensore centrale che sbriga un
lavoretto in area e si lancia in campo aperto in un esaltante coast to
coast fino a chiudere il teorema geometrico ideato da Thauvin e
perfezionato da Ekkelenkamp. Bello, bellissimo davvero: istinto,
intuizione, intelligenza, potenza atletica, c’è di tutto e di più
nella rete di Bijol, più che mai leader in questa squadra che tutt’ora
si sta formando nella quadratura tecnico-tattica e identitaria.
Reso omaggio agli uomini di giornata, tra i quali inserire anche
l’esordiente portiere romeno Sava (non avevamo dubbi su di lui dopo
averlo ben osservato in coppa Italia), rimane una partita da
inquadrare globalmente per dire che nulla di nuovo brilla sotto il
sole. L’Udinese ha fatto una partita d’altri tempi, tempi eroici da
difesa e contropiede: quattro-cinque azioni ben congegnate e per il
resto tutti in trincea a respingere gli assalti di un Monza disperato,
a sporcarne i tentativi e i tiri, una trentina al tirar delle somme.
Comprensibile alla fine lo sconcerto e lo scoraggiamento dei
brianzoli, increduli davanti a tanta fatica spesa per niente. Un senso
di frustrazione che abbiamo provato pure noi quando – l’ha
sottolineato pure Runjaic – partite ben condotte e meritevoli di
miglior sorte sono state macchiate da errori, autoreti, espulsioni,
tentativi sfortunati, tutto quanto fa l’imprevedibilità del calcio.
E non le abbiamo viste ancora tutte. Mentre bussa la partitissima di
sabato (ore 18) con il Napoli, reduce dalla doppia resa alla Lazio tra
coppa e campionato che gli è costata il primato in classifica, l’uomo
finora nascosto e il più atteso esce allo scoperto. Lui, Alexis
Sanchez, potrebbe apparire in panchina e forse per qualche minuto
addirittura in campo. L’ha annunciato lui stesso sui social,
esternando una voglia matta. Non è detto che Kosta Runjaic, prudente
come ha dimostrato di essere a proposito di rilancio di reduci da
infortuni, lo accontenti. Ma basta il nome, basta la presenza pure
simbolica del campione cileno, per elettrizzare l’ambiente: se ne
gioverà la squadra contagiata dalla sua carica, innescherà
l’entusiasmo dei tifosi, liberi di immaginare l’Udinese di un futuro
prossimo con Sanchez e Thauvin a guidare le danze dietro a Lucca (o
Davis) destinato alla doppia cifra. Non le abbiamo viste tutte, si
diceva. E sarà un bel vedere.