I nostri baldi giovanotti sembravano vecchie utilitarie con le gomme
sgonfie a confronto con spider, berline di lusso e persino limousine
se posso permettermi di definire tali Osimhen, Insigne e Koulibaly.
Almeno correre, accidenti! Da non credere se pensiamo che il Napoli
era reduce dalla battaglia europea di giovedì a Leicester mentre
quelli dell’Udinese avevano avuto la comodità di una settimana per
prepararsi e rifinirsi al meglio, almeno sulle palle inattive. Cosa
abbiano fatto in quegli otto giorni resta da chiarire ed è bene che
paron Pozzo pretenda spiegazioni.
Brutta botta ragazzi, una legnata che rimette rumorosamente in
discussione le convinzioni, le quasi garanzie che ci avevano dato i 7
punti nelle prime tre gare. Contro un Napoli sontuoso e spietato,
l’Udinese ha sprigionato solo all’inizio qualche bollicina che ha
fatto il solletico al pancino di Ospina. Il resto, un pianto, un
conclamare impotenza a ogni livello, atletico, tecnico, tattico, di
attenzione.
Ferma restando la diversa caratura delle due squadre (ma il Venezia,
per dire, aveva fatto ben altra figura a Napoli alla prima di
campionato), è evidente che errori siano stati commessi, sul campo e
prima ancora nelle valutazioni tattico-strategiche. Questa batosta mi
fa venire in mente quella subita nel San Valentino di un anno fa,
quando l’Udinese – passata indenne sotto i tacchetti di Atalanta e
Inter e aver asfaltato Spezia e Verona – s’era messa in testa di
andare a sfidare a due punte (allora Llorente e Deulofeu) la Roma di
Fonseca. L’esito fu disastroso più del punteggio (3-0). E’ successo lo
stesso lunedì col Napoli: Gotti ha voluto andare a vedere quanto fosse
credibile la nuova Udinese, se la strada delle due punte (anziché la
formula 1+1 con Pereyra a supporto e un centrocampo più corposo) fosse
al momento percorribile. Contro uno Spezia sì, senza dimenticarsi dei
rischi corsi; contro una corazzata no. Due punte e mezzo tiro in
porta… non ci sta, è autolesionismo.
Il discorso ci porta al ventre molle della squadra, a un centrocampo
che così concepito resta male assortito e incompiuto, carenza tanto
più evidente se gli esterni battono in testa. In breve: da come la
vedo io, o Walace o Arslan. I due si sovrappongono, sia pure con passi
diversi non reggono i ritmi alti, perdono le coordinate lasciando nel
giro d’aria i tre dietro. E’ lì che bisogna decidere: o l’uno o
l’altro. Recuperati Pussetto e Deulofeu, appurata la promettente
caratura di Beto e di Samardzic e in attesa di assaggiare Success,
oggi l’Udinese si ritrova attrezzata davanti, mentre in mezzo
servirebbe un’altra mezzala di piede e di corsa che possa aggiungersi
o alternarsi a Pereyra e Makengo, ai fianchi del metodista.
Si dirà: ma questi sono comodi discorsi del poi. E infatti se avesse
schierato in attacco l’1+1, e perso, la critica avrebbe ribaltato la
frittata e Gotti sarebbe finito lo stesso in croce accusato di
fellonia, di non aver osato. Ma in ogni caso, sono sicuro che queste
riflessioni le sta facendo pure lui nel dubbio di aver toppato la
calibratura delle rotazioni di fronte al trittico settimanale di cui
la sfida col Napoli è stata la prima tappa. E infatti giovedì sera
l’Udinese sarà in casa Mourinho a Roma e domenica ospiterà la ruspante
Viola rilanciata da Italiano. C’è poco tempo per assorbire la legnata
di Spalletti che ha segato gambe e spaccato cuori fiduciosi. Non è
vergogna fare il passo indietro, tornare cioè a un assetto più
raccolto e prudente, salvo poi produrre le correzioni del caso se la
situazione lo richiederà.